martedì 29 novembre 2011

Edilizia anni 30 in Piazza Bodoni

Nel corso del 1935 si assiste ad un rinnovato fervore nella costruzione di nuovi edifici in ogni parte della città. Oltre a costruzioni di utilità pubblica anche l'iniziativa privata trova nuovo impulso. Nella fotografia riprodotta da La Stampa del luglio 1935 una casa bassa e di poco reddito, sta per essere demolita, lasciando il posto a un grande edificio moderno. Di fianco sorge il palazzo del Liceo Musicale, da poco trasformato in Regio Conservatorio. Titola il giornale: "Sarà così un elemento di più che accrescerà l'eleganza di piazza Bodoni presso la quale il nuovo stabile viene eretto e sulla quale il Conservatorio ha il suo ingresso"



Nella foto appare il sito di via Mazzini 19 dove sorgerà la sede della banca del Monte dei Paschi di Siena opera di Domenico Morelli. Nato nel 1900 a Napoli, ma stabilitosi a Torino sin dal 1906, Morelli che nel 1932 aprì uno studio in collaborazione con Felice Bardelli, come pochi altri, ha saputo dare una originale
interpretazione del pensiero razionalista, con una linda rilettura della forma urbana in cui ha portato con
insistenza le sue ideazioni. Prima, la casa di via Vico 8 dell'inizio degli Anni 30 (dove per lunghi anni ha abitato con la simmetria di finestre e balconi, poi casa Tabusso (corso Galileo Ferraris 95) colla caratterizzante presenza di logge e loggiato. Ma via via, da solo o in collaborazione, da allora in poi ha ideato oltre un centinaio di edifici, in un autentico «dialogo con la città». Tutte architetture che ne recano l'evidente
 impronta urbanistica come nella scelta accurata dei materiali: marmi, e più spesso pietra e intonaco, ma anche l'acciaio come nel grattacielo della Rai realizzato con Aldo Morbelli

Il mercato di Piazza Bodoni a Torino

  IL MERCATO DI PIAZZA BODONI A TORINO


Il Mercato in Piazza Bodoni del 1866 è uno degli edifici maggiormente rappresentativi dell’architettura in ferro del Regno d’Italia. Progettato dagli ingegneri E. Pecco e C. Velasco su commissione del Comune torinese, occupava una superficie di 1932 mq e fu demolito nel 1924. Tra il 1864 e il 1866 fu costruita la tettoia da adibire allo smercio di latticini, pollame, frutta ed erbaggi, la cui struttura portante originariamente in ferro e legno fu debitamente mascherata all’esterno da una facciata in muratura secondo l’usanza del tempo. La pianta dell’edificio era quasi quadrata delle dimensioni di 42,30m per 45,60m con una parte centrale ottagonale coperta da una tettoia a cupola




Il problema dell’inadeguatezza del mercato di piazza Bodoni non tardò a farsi vivo. La mancanza di spazi favoriva il commercio abusivo. Un ordine municipale nel 1867 vietò la rivendita nelle vie e nelle piazze di frutta e verdura da parte degli ambulanti. Il provvedimento rispondeva a due ragioni, una di natura igienica (poter controllare più efficacemente la qualità della merce venduta), la seconda di tutela commerciale (non permettere una concorrenza dannosa nei confronti di chi pagava regolarmente la licenza per la vendita nel mercato coperto). L’abusivismo trovava però motivo nella scomodità che molti avevano, con l’estendersi della città, di recarsi in luoghi di vendita sempre più lontani. Era naturale quindi che gli abusivi, soprattutto donne, percorressero tutti i dintorni abitati per offrire la merce a domicilio o per strada. Le guardie municipali poi, nel loro lavoro di repressione, dovevano fare i conti con i cittadini che spesso venivano urtati e travolti dalle ceste delle urlanti rivenditrici in fuga, spettacolo assai poco decoroso


Da: La Stampa (5.8.1867) numero 177 pagina 2



Rivenditrici ambulanti 
In forza d'un ordine municipale, che non è che la riproduzione di cento altri ordini identici,
la cui più o meno esatta esecuzione dipende dal maggior o minor zelo in proposito spiegato dalle Guardie municipali, s'inibivano le rivenditrici ambulanti di frutta, verdura, ecc., di esercitare il loro commercio nelle piazze e nelle vie, e ciò per due ragioni: la prima per misura igienica, affine di poter esercitare una efficace sorveglianza sulle derrate che si vendono; la seconda per togliere una dannosa concorrenza, alle venditrici stabili che pagano l'affitto al Municipio. L'ordinanza municipale sarebbe stata opportunissima qualora fossero sufficienti allo smercio di quei generi i locali a ciò assegnati: ma se prendiamo a cagion d'esempio la sezione di Borgonuovo, noi troviamo che il mercato di Piazza Bodoni non è sufficiente alle esigenze della popolazione, e vi si deve quindi supplire con altri locali per lo meno provvisori, finché non si sia autorizzato un altro luogo stabile di vendita a comodo della gente che da lontanissimi luoghi è costretta di andarvisi a provvedere. Quindi è naturale il sorgere e il perdurare di questo commercio abusivo, esercitato da donne che percorrono tutti i dintorni abitati, per recarsi a domicilio di coloro cui manca il tempo di far quelle lontanissime gite, o per offrire le loro mercanzie a chi percorre lo strade, e trova suo vantaggio di avere a tiro di mano ciò che gli bisogna per la provvista giornaliera. È poi ridicola, per non dire ributtante, quella lotta a mano armata — di cesti d'ogni dimensione — che ne consegue fra le guardie e le rivendugliole, — quella corsa au clocher per le strade, per le scale e pei vicoli, di cui sono sovente testimoni i passeggieri, con che gusto di chi ne viene urtato dai gomiti e dai cavagni di quelle irate fuggitive — Dio vel dica! So dunque si trovasse modo di conciliare queste quattro cose: la sorveglianza igienica; il diritto delle venditrici che pagano; il comodo dei cittadini che patirebbero disturbo dall'esclusione dalla piazza di quelle commercianti così ferocemente perseguitate; e per ultimo anche la decenza che non deve separarsi dall'esercizio, per parte di agenti del Municipio, delle loro funzioni, noi ne saremmo a quest'ultimo immensamente obbligati, e con noi il colto pubblico.

venerdì 25 novembre 2011

Albert Speer e il suo tempo


Albert Speer e il suo tempo

“Suo marito costruirà per me edifici quali non siamo più abituati a vedere da quattro secoli”(Adolf Hitler alla moglie di Speer) 1
"Albert Speer non è il solito nazista appariscente e ottuso... è molto più del semplice uomo che raggiunge il potere, simboleggia invece un tipo d'uomo che sta assumendo sempre più importanza in tutti i Paesi belligeranti: il tecnico puro, l'abile organizzatore, il giovane brillante uomo senza bagaglio e senza altro scopo che seguire la propria strada, senza altri mezzi che le proprie capacità tecniche e manageriali. Degli Hitler e degli Himmler ce ne sbarazzeremo, ma con gli Speer dovremmo fare i conti ancora a lungo." 2

Note
1 Albert Speer Memorie del Terzo Reich. Mondadori, 1997
2 "The Observer”, 1944


Premessa
Albert Speer è stato uno dei protagonisti del regime hitleriano. Faceva parte della ristretta cerchia del dittatore nazista, forse l’unico collaboratore per cui Hitler provasse veri sentimenti di amicizia. Insieme a lui progettò la Nuova Berlino, che avrebbe dovuto diventare «la metropoli universale Germania». Nei tre anni in cui fu ministro per gli armamenti del Reich, al massimo dello sforzo bellico, fu di fatto il numero due del regime. Tuttavia l’architetto Speer era molto diverso dal tipico dirigente politico nazista: alto, elegante, l’espressione intelligente, idealista nelle enunciazioni di principio ma concreto ed efficace nell’azione, in quella compagnia sinistra e inquietante sembrava quasi un intruso. Questa ambiguità lascia già presagire le contraddizioni di una personalità controversa e affascinante. Sempre lontano dalle risse e dagli intrighi della Cancelleria, fu uno di quei tedeschi «apolitici» che accolsero con favore l’avvento di Hitler al potere e poi non seppero dissociarsi dalla natura criminale del nazismo. Al processo di Norimberga, con un’acuta tattica difensiva, egli si dichiarò moralmente responsabile, quale membro del governo, dei crimini del regime ma disse di non aver mai saputo nulla dei campi di sterminio avviando una profonda autocritica. Oggi è praticamente certo che sapesse ma, per quanto il suo atteggiamento gli abbia evitato la condanna a morte, si può ritenere che, per così dire, egli fingesse e non fingesse al tempo stesso, avendo posto in atto un tentativo di rimozione con cui si è costantemente difeso dal suo senso di colpa

SINTESI BIOGRAFICA

1905 - Nasce il 19 marzo a Mannheim da una famiglia borghese di mentalità liberale
1918 - Si trasferisce ad Heidelberg con la famiglia

1923 - Dopo il conseguimento del diploma all'Oberralschule, segue le orme del padre cominciando gli studi in Architettura a Karlshrue
1924 - Continua gli studi al Techhnische Hochschulen (Istituto tecnico) di Monaco
1925 - Si trasferisce al Politecnico di Berlino
1928 - Dopo il conseguimento del diploma diventa assistente di Heinrich Tessenow, uno degli innovatori dell'architettura tedesca, ostile sia al razionalismo puro, sia all'architettura guglielmina
1930 - Ascolta un discorso di Hitler per la prima volta all'università berlinese
1931 - Entra ufficialmente nel partito operaio nazionalsocialista tedesco, nello stesso anno si trasferisce a Mannheim, lavorando come architetto indipendente
1933 - Dopo l'ascesa al potere dei nazionalsocialisti Speer riceve un incarico da Joseph Goebbels, Ministro della Propaganda. Hitler rimarrà impressionato dalla sua capacità organizzativa, tanto da nominarlo assistente tecnico dell'architetto di regime Paul Ludwig Troost (1878-1934)
1934 - Dopo la morte di Troost diventa l'architetto ufficiale di Hitler, diventando in seguito il massimo teorico dell'architettura del Terzo Reich. Disegna numerosi edifici monumentali, rappresentativi della cultura del regime, collaborando contemporaneamente nello staff di Rudolph Hess
1937 - Riceve la nomina di 'Ispettore generale per l'edilizia della capitale del Reich'
1939 - Sviluppa il piano urbanistico per la nuova Berlino, con il pieno sostegno economico di Hitler. Dopo lo scoppio della guerra le sue attività si rivolgono esclusivamente alla politica
1941- Eletto come rappresentante del distretto elettorale di Berlino Ovest, dopo l'attacco all'Unione Sovietica riceve dal ministro agli armamenti Fritz Todt l'incarico di riordinare il sistema dei trasporti in Ucraina
1942 - Dopo la morte di Todt, Speer gli succede diventando capo del Ministero degli Armamenti Diventa, in sintesi, il primo direttore e conduttore dell'economia di guerra. A dispetto del deterioramento delle infrastrutture e dell'assenza di materie prime, scarse a causa dai bombardamenti Alleati, riesce a mantenere alta la produzione
1943 - Il suo ministero viene denominato più ampiamente 'per l'armamento e la produzione bellica' e riesce ad assumere il controllo degli uffici di pianificazione economica della Wehermacht e gestire la distribuzione delle materie prime e la produzione della flotta (dal luglio 1943)
1944 - Assume il controllo per la produzione dell'industria aeronautica e porta la produzione bellica tedesca ai massimi livelli. Comincia la sua discesa, dovuta alla malattia ed al peggiorare dei suoi rapporti con Hitler
1945 - Speer si oppone alla 'politica della terra bruciata' che prevedeva il totale smantellamento dell'industria e agricoltura tedesca voluto da Hitler all’avvicinarsi dell’epilogo del conflitto mondiale. In aprile in accordo con un preciso progetto pianifica l'uccisione di Hitler, ma non esistono documenti al riguardo
Il 23 maggio dopo la fine della guerra Speer è arrestato e portato in una prigione militare alleata a Norimberga
1946- Durante il Processo di Norimberga è accusato di crimini di guerra e crimini contro l'umanità, è assolto per quelli più gravi e condannato a 20 anni di prigione
1946/1966 - Sconta la pena nel carcere militare Berlin Spandau
1981, 1 ottobre - Muore in un albergo di Londra, dopo aver, negli anni precedenti, ammesso parzialmente le colpe personali tramite svariati libri ma sempre nell’intento di difendere la sua immagine e conservare molti segreti


Speer sapeva?

«Signor Speer, io non la capisco. Ci sta dicendo che sapeva ormai da anni che la Germania avrebbe perduto la guerra, di aver assistito per anni alle terribili macchinazioni di tutti quei gangster che circondavano Hitler e lei stesso. Le loro ambizioni personali erano quelle delle iene, i loro metodi quelli degli assassini, la loro moralità quella del marciapiede. Lei sapeva tutto questo. Eppure è rimasto. Non solo: ha collaborato con loro e li ha sostenuti fino alla fine. Come lo giustifica? Come può sopportare di vivere con questa consapevolezza?»
Capitano Burt Klein, Norimberga, maggio 1945  

Ogni atto di Hitler nasceva da progetti maturati nel tempo spesso in relazione a quanto già nel 1924 aveva espresso in Mein Kampf. In alcune circostanze come nel 1937-39  in occasione dell’invasione dell’Austria o dello scoppio della guerra mondiale Hitler sorprese anche i suoi più stretti collaboratori  comunicando propositi e scelte ignorate dai più. In questo senso potrebbe avere una logica la tesi di Speer di aver ignorato molti di questi eventi.

Durante il processo di Norimberga molti ufficiali nazisti sostennero di non aver mai saputo delle orribili condizioni dei campi di concentramento, uno di questi fu Speer. Il 30 marzo 1943 S fece la sua unica visita a un campo di concentramento, il campo di Mauthausen, che a quel tempo stava trasformandosi da campo di lavoro forzato nella cava di granito in fabbrica di munizioni con l’utilizzo di prigionieri

Gitta Sereny, autrice di  “Albert Speer: in lotta con la verità” scrisse riguardo la visita di Speer a Mauthausen:
“Passò circa 45 minuti a fare il così detto Vip Tour concepito per proteggere accuratamente i visitatori da spettacoli che avrebbero potuto ferire la loro sensibilità. Cinque giorni più tardi infatti Speer scriveva a Himmler [lettera del 1 febbraio 1943, Istituto di Storia Contemporanea, Monaco] per protestare contro i lussuosi progetti di costruzioni notati nel campo. Data la scarsità di acciaio, legno e manodopera necessari alla costruzione di fabbriche per armamenti le SS, diceva, non potevano permettersi di continuare a costruire secondo queste dispendiose linee pur riconoscendo l’importanza dei campi di lavoro. Erano insomma necessari “metodi più primitivi di costruzione”, secondo una sua frase, che consistevano nel assegnare un minimo di materiali e manodopera nell’edificazione per esempio delle baracche da lasciare non dipinte e senza finestre. Mauthausen al contrario aveva casamenti di granito e baracche in legno dipinto con infissi, troppo accurate secondo S. per dei lavoratori prigionieri”
La lettera di Speer a Himmler scatenò una furibonda risposta di Oswald Pohl Capo dell’Ufficio amministrazione economica delle SS:
“Il ministro del Reich Speer sostiene che stiamo effettuando costruzioni di lusso nei campi di concentramento, senza peraltro specificare che […] che è stato lui stesso a autorizzare le richieste di materiale apponendovi la firma, il 2 febbraio 1943. L’immediata adozione di un’edilizia più primitiva è una proposta del tutto irrealistica. Evidentemente il ministro non si rende conto che abbiamo 160.000 prigionieri e che combattiamo quotidianamente contro le epidemie e un tasso di mortalità sproporzionatamente alto, in gran parte entrambi dovuti a condizioni sanitarie impossibili
Nei primi mesi del 42 ebbe inizio la seconda fase del genocidio a catena di montaggio. Ogni giorno circa diecimila persone venivano inviate nei due campi di sterminio in funzione Belzec e Sobibor (Treblinka sarebbe diventato operativo di li a tre mesi). Speer, allora responsabile del sistema ferroviario dell’est, ha sempre sostenuto che l’utilizzo di quei treni (circa 2000 vagoni su 145.000 in uso) non gli era noto. Per di più questo ruolo di responsabilità durò soltanto un mese circa poi, come sottosegretario dei Trasporti, fu Ganzenmuller (voluto da Speer stesso) ad occuparsi attivamente del problema. Apparentemente un funzionario delle ferrovie può essere considerato un elemento marginale nella macchina dello sterminio nazista. Si può infatti pensare che un tale ruolo possa essere svolto in modo inconsapevole. Nel caso di Ganzenüller non è così, Ganzenmüller sapeva perfettamente – come molti altri all’interno delle ferrovie tedesche – a cosa potessero servire i treni diretti ai campi di sterminio e si adoperò affinché il processo di deportazione potesse procedere qenza intoppi. Un esempio di questo impegno per favorire il processo di sterminio si riferisce al luglio 1942. Il ponte sul fiume Bug era crollato interrompendo la linea ferroviaria che conduceva al campo di sterminio di Sobibor. Il generale delle SS e segretario di Himmler, Wolff chiese l’aiuto di Ganzenmüller. I 300.000 ebrei deportati dal ghetto di Varsavia vennero dirottati verso il campo di sterminio di Treblinka e Belzec con treni quotidiani che trasportavano sino a 5.000 ebrei al giorno. Per questo motivo Wolff scrisse a Ganzenüller una lettera di ringraziamento

Sempre in un dialogo con la Sereny, Speer ebbe a dire:

“Ero cresciuto in una società profondamente pervasa di antisemitismo. C’era e basta. Persino nella mia famiglia dove Dio sa se non venne mai allo scoperto. Dubito anzi che mio padre nutrisse simili sentimenti …. Più tardi “anch’io [ero] in qualche modo pronto per recepire l’antisemitismo dei primi discorsi di Hitler E’ vero che sviluppai una sorta di immunità contro tutto ciò che in essi mi sembrava troppo grossolano o violento… Ma anche così nulla di quanto gli (Hitler) sentii dire mi fece pensare che avesse intenzione di ucciderli” Comunque “la decisione di passare dalle fucilazioni alle camere a gas non può non essere stata sua per la semplice ragione che nessuna decisione importante poteva essere presa senza la sua approvazione”

Ciò che alla fine del 42 occupava la mente di Speer era la necessità di aumentare la produzione bellica in modo da rimpiazzare le enormi perdite che presto l’esercito tedesco cominciò ad avere ad Est.
Eppure nel mondo in cui Speer si muoveva venivano emanate direttive di cui non poteva avere sentore. In una per esempio del 2 novembre 1942 Himmler invia una missiva alle sedi SS concernenti i lavoratori ebrei  Questi dovevano essere gradualmente  sostituiti da operai polacchi e alla fine comunque in ottemperanza delle direttive del Fuhrer anche questi ebrei dovranno somparire” ossia essere sterminati nelle camere a gas di Treblinka, Sobibor o Belzec.
“Fu quello- dice Speer- il momento in cui avrei dovuto capire ciò che stava accadendo…se lo avessi voluto, avrei potuto cogliere segnali rivelatori”
Alla domanda della Sereny se avesse saputo cosa avrebbe fatto Speer risponde “In qualche modo avrei continuato ad aiutare quell’uomo a vincere la sua guerra

giovedì 24 novembre 2011

Brani di memoria

Sono frammenti di ricordi, resuscitati dall'oblio dopo tantissimi anni. Si sono conservati nella mia memoria in virtù di chissà quale motivo profondo. Hanno la potenza evocativa propria degli odori che abitano le regioni più antiche del nostro cervello e che possono, in una frazione di secondo, riportarci ad un vissuto che credevamo perduto. 
INVERNO ANNI ‘50
Luogo: cucina di corso F......, Torino
Persone: io
Ora: domeniche pomeriggio
La radio era l’unico contatto con il mondo in quegli anni. La televisione entrò in casa mia molto più tardi, negli anni ’60. Ricordo le trasmissioni di Classe Unica introdotta da una bella sinfonia di Mozart. Al sabato pomeriggio c'era Sorella Radio per gli infermi e gli anziani delle case di riposo, noioso ma rassicurante cicaleccio a base di saluti e auguri di guarigione. La voce era quella della Buoncompagni, simbolo per eccellenza di quegli anni. Poi altri titoli come “Voci dal mondo”, il “Convegno dei cinque”. Per anni,  prima che arrivasse la piccola Gretz in legno chiaro dal design moderno, in cucina aveva campeggiato una Telefunken dall’occhio verdastro che all'accensione taceva per un minuto buono prima di ronzare e trovare il canale scelto. La domenica pomeriggio introdotta da una trasmissione di musica leggera (spesso con le orchestre di Perez Prado, Mantovani e Angelini) c'era la radiocronaca del secondo tempo di una partita di calcio con la voce dell'indimenticabile Carosio 

TARDA PRIMAVERA ANNI 50
Luogo: cucina di corso F......, Torino
Persone: mamma
Ora: Primo  pomeriggio


La scuola è finita. E' uno dei primi anni delle elementari alla Santorre di Santarosa. La porta della cucina verso il cortile, a piano terreno è aperta. Abbiamo già appeso, come tutti gli anni, la tenda verde che ripara dai raggi infocati del sole. Le piastrelle del balcone sono marroni tendenti al bordeaux, lucide, lievemente scheggiate. Il balcone è un luogo protetto, circoscritto e rassicurante, non si vede nè si è visti dal cortile. Mi posso stendere per terra e giocare con le figurine o i soldatini. Dal giornalaio ho acquistato uno dei miei primi libri Avorio nero, romanzetto d’avventura con sulla copertina un tipo avvolto in un mantello arabo che lascia vedere solo gli occhi seduto su di un cammello.

ESTATE  ANNI ‘60
Luogo: sala di corso F......, Torino

Persone: io
Ora: mattina

Verso le 10 di mattina accendevo la televisione un modello in bianco e nero senza telecomando posta in sala di lato alla finestra sul corso. Per la prima volta venivano trasmessi dei film fuori dall’orario serale solito. I film terminavano verso mezzogiorno in tempo per il pranzo. In genere erano film di guerra o trattavano vicende drammatiche che mi lasciavano per una manciata di ore uno sgradvole senso di abbattimento.

ESTATE ANNI ‘60

Luogo: Ginevra, Rue du Pre-Naville
Persone: io, mia sorella, Nina e Louis
Ora: pomeriggio

E’ una scena che si è ripetuta fedelmente una mezza dozzina di volte attraverso gli anni. Nina e Louis, cugini del ramo paterno, lei sorella dell'altra mia cugina svizzera, Caterina, lui originario del Canton Ticino, abitavano in una parallela al lago, vicino ad un grande parco. Il caseggiato era di un massiccio fine ottocento con grandi bugnati a piano terra e robuste inferriate dipintedi vernice nera. L’alloggio era al primo piano, con palchetti di legno e stanze perennemente in penombra, affollate di tappeti e mobili colonizzati da oggetti di un gusto molto personale. Nel bagno il mio sguardo era attratto invariabilmente dalla vasca  in ferro con zampe di felino e rubinetteria in ottone giallo bruno. La cucina dava su di una corte interna, la sala, attraverso un balconcino, nella tranquilla via che portava al lungolago. Le visite erano sempre noiosette e sempre con un rituale fisso: arrivo, scambio fitto di impressioni punteggiate da esclamazioni di stupore, accomodamento in sala ed esaurito un tempo minimo di cortesia, richiesta da parte mia di andare a fare un giro fino al molo dello "Jet d'eau" il poderoso getto d'acqua che, assieme all'orologio fiorito, caratterizza la città. Nina era grassottella, piccoletta, con un discreto sottomento. Gli occhi globosi erano atteggiati a perenne stupore, sorrideva affabilmente e parlava italiano con scioltezza. Louis aveva una gamba di legno per cui si appoggiava ad un bastone e spesso tra i denti sfoggiava un sigarone spento. Non avevano avuto figli, forse per via di lei ma su questo punto non c'era certezza nelle chiacchiere di famiglia. Nina è morta prima del marito, che fin a tarda età ha continuato a vivere in rue du Pre-Naville per trasferirsi infine in un ricovero per anziani dove è morto di li a qualche anno.

ESTATE ANNI ’60

Luogo: B......, in campagna 

Persone: io, gli zii paterni, i miei genitori
Ora: sera

Nella casa di campagna in via ......... non avevamo la televisione. La sera dopo cena percorrevamo il breve tratto del viale alberato di gaggie che costeggia la ferrovia ed entravamo nel piccolo alloggio a piano terra di  Guerino, il fratello minore di mio padre. La televisione era nella seconda delle due stanzette in cui lo zio abitava, quella occupata dal letto e da un armadio. Le trasmissioni dell’unico canale erano di varietà, Studio Uno oppure le Avventure di Gian Burrasca con Rita Pavone. A tratti lo sferragliare dei treni di passaggio, diretti in Francia, coprivano il suono della televisione e allora cercavo di seguire le parole attraverso il movimento delle labbra, il più delle volte senza successo.


INVERNO DOPO il 1960
Luogo: in città  corso F......

Persone: io, mia madre, mia sorella
Ora: sera

Alla tele trasmettevano La Pisana. Nel castello di Fratta Carlino amoreggiava con la bella e maliziosa cugina (una strepitosa Lydia Alfonsi). Dovevo studiare a memoria una noiosa poesia di Manzoni che parlava di sconosciuti Re Longobardi e di biondi capelli... Mia sorella in visita dalla lontana Svizzera dove risiedeva ormai da mesi dopo il recente matrimonio, contribuiva a rendere l'atmosfera di casa piacevolmente animata. Leggevo i versi di quell' incomprensibile melassa di roride morti e affannosi petti chiedendomi che aspetto avesse la persona che anni prima aveva destinato al programma di studi una simile mostruosità....     

INVERNO 1962
Luogo: Torino
Persone: io, mamma
Ora pomeriggio

Il cinema Eliseo è il "Cinema" per antonomasia della mia infanzia. In quella sala, unica ed enorme allora, non ancora suddivisa in vari piccoli ambienti, ho visto film come Lord Jim, 55 giorni a Pechino, Tre contro tutti, 007 dalla Russia con amore e tanti altri. Al cinema andavo accompagnato da mio padre, in genere la domenica pomeriggio nella stagione invernale. L'ambiente era spesso velato da una cortina di fumo, qualche incosciente faceva volare il mozzicone acceso giù dalla galleria. Ricordo in particolare un film che mi fu negato, si trattava de L'ira di Achille, di cui ricordo ancora la locandina raffigurante un guerriero digrignante armato di spadone, il viso coperto per buona parte da un elmo metallico piumato. Non ricordo il motivo della proibizione ma mia madre fu inflessibile nonostante le mie insistite rimostranze e continuò a stirare severamente mentre il giorno moriva sulle pareti della cucina sul cortile.


ESTATE 1963
Luogo: Sion (Svizzera)
Persone e cose: io, Wagner e la Panhard
Ora: pomeriggio


Il mio primo disco mi fu regalato all'età di 12 anni a Sion nel cantone del Vallese dove mia sorella si era trasferita appena sposata. Ascoltai per giorni e giorni quelle maestose sinfonie che mi ispiravano grandi sogni e contenute emozioni. La realtà era più ordinaria. Mi divertivo a guardare dal terzo piano il flusso dei veicoli sulla strada che portava al centro della cittadina cercando di riconoscere i vari modelli: Ford Taunus, Renault Dauphine, Panhard. Su tutte mi piaceva quest'ultima, con le sue sinuose forme tondeggianti e il rumoroso ronzare del motore.  Catalogavo, scrivevo su fogli a quadretti i passaggi delle vetturette.... e intanto sentivo le valchirie cavalcare e Sigfrido compiere l'ultimo viaggio. Gotterdamerung,  Waldweben, der Ring, nomi affascinanti e incomprensibili al di là dell'immediatezza del suono. La realtà si univa alla leggenda quando riposta la penna, mi coricavo e sognavo, ormai dimenticati i giochi, lontani amori ancora sconosciuti



ESTATE ANNI 70
Luogo: Casa di mia sorella a C...... (Ginevra)

Persone: io
Ora: pomeriggio, solo in casa

La casa di C..... era una grande villa con ampia vista sulla piana che digrada verso il Monte Salève. Quel pomeriggio ero solo in casa senza programmi nè idee, assediato da una persistente e leggera noia. Finito di esplorare la biblioteca dove facevan bella mostra le edizioni d'arte di Skira, una sgualcita grammatica della lingua tedesca, le avventure a fumetti di Tintin e qualche numero, un poco discosto alla vista, di Playboy) avevo cominciato a guardare i dischi di musica Classica. Conoscevo già la copertina lucida dell'anello del Nibelungo dove spiccava un elmo cornuto e altri simboli di guerra mentre il nome di Dvorak non mi diceva granchè. Fu dunque per caso che misi sul piatto la Sinfonia del Nuovo Mondo. La musica mi avvolse con una profonda malinconia. Guardavo la pianura oltre le grandi vetrate all'inglese, immensa distesa di case ed esistenze. Avvertivo acutamente una solitudine mai provata prima tuttavia non ero triste.


ESTATE DEL 72
Luogo: cucina di corso F..... Torino

Persone: io
Ora: le 22 circa

Ho nelle gambe la stanchezza della camminata per le strade della collina fino a P..... Come l'anno passato buona parte della nostra classe F del Liceo Galileo Ferraris ha compiuto questa scampagnata fino alla casa dei nonni di L. Lei non è ancora la mia fidanzata, ha lo sguardo assorto nelle foto di quel giorno sotto l'ombrello nero che la ripara dalle gocce di pioggia cadute dopo pranzo. Tornato a casa mi sono messo a letto a riflettere sulla giornata. Fra qualche giorno tutti partiranno per le vacanze d'estate, Il vento soffia e muove a tratti le saracinesche dei garage in cortile, un suono che ho nella mente fin dai miei primi ricordi. Non so dire se sono triste, sento tutti amici,  

ESTATE DEL 73
Luogo: Finlandia del Nord


Persone: Io, M....., E...... 
Ora  l’alba ovvero le tre di notte

Dopo aver chiacchierato nella capanna monocamera di legno, aver scritto in silenzio alle fidanzate (quelli di noi che l’avevano), aver visto imbrunire verso mezzanotte e sorgere l'alba dopo un ora, usciamo a passeggiare lungo la strada deserta che si snoda diritta senza fine tra gli altissimi e radi abeti. Siamo stanchi, dopo un mese di viaggio cominciamo a sentire la fatica di condividere tanti giorni sempre insieme. Nonostante tutto rimane la voglia di scherzare. Sembra un mondo quello intorno a noi ormai disabitato per l'eternità. Nelle pause dei dialoghi avvertiamo solo il rumore lento e  continuo del vento. Torniamo nell'isba per riposare dormire un oretta prima di riprendere il viaggio di ritorno verso Sud.

martedì 22 novembre 2011

Anni '60. Gli sceneggiati della mia infanzia

L'isola del tesoro (1959) di Robert Louis Stevenson
Adattamento: Paolo Levi
Regia: Anton Giulio Majano
Cast: Alvaro Piccardi - Corrado Pani - Ivo Garrani - Roldano Lupi - Ubaldo Lay - Leonardo Cortese - Arnoldo Foa'
Puntate: 5
Rete: Nazionale
Data: 07/02/1959 - 07/03/1959

Anton Giulio Majano ci regala con questo poderoso sceneggiato le atmosfere esotiche del libro di Stevenson ricorrendo per le fosche scene tropicali alle boscaglie laziali con tutto l'apparato sonoro di onde e vento. Colonna sonora indimenticabile il "Quindici uomini sulla bara del morto.  

La Pisana (1960) di Ippolito Nievo
Adattamento: Aldo Nicolaj - Marcello SaltarelliRegia: Giacomo Vaccari
Cast: Giulio Bosetti - Lydia Alfonsi - Laura Adani
Puntate: 6
Rete: Nazionale
Data: 23/10/1960 - 27/11/1960

Tratto dalle Confessioni di un italiano di Ippolito Nievo la Pisana propone le vicende sentimentali e patriottiche di Carlino, Carlo Altoviti e la bella volubile cugina. Amore e storia si intrecciano fino al tragico finale. A distanza di anni ricordo ancora le atmosfere del castello di Fratta, gli occhi ammalianti di Lydia Alfonsi quando in camicia da notte invita Carlino nella sua stanza da letto, il bianco e nero degli interni e le musiche dei titoli di testa...

Il mulino del Po (1963/63) di Riccardo Bacchelli
Adattamento: Riccardo Bacchelli - Sandro Bolchi
Regia: Sandro Bolchi
Cast: Raf Vallone - Gastone Moschin - Tino Carraro - Giulia Lazzarini - Elsa Merlini
Puntate: 5
Rete: Nazionale
Data: 13/01/1963 10/02/1963

Teleromanzo dell'anno, in molte scene girato in esterni sulle rive del Po. La cittadina di Crespino, in provincia di Rovigo, è servita come location per molte sequenze dello sceneggiato.
  
La Cittadella (1964) di Archibald J. Cronin
Adattamento: Anton Giulio Majano
Regia: Anton Giulio Majano
Cast: Anna Maria Guarnieri - Alberto Lupo - Laura Efrikian - Eleonora Rossi Drago - Loretta Goggi - Nando Gazzolo
Puntate: 7
Rete: Nazionale
Data: 09/02/1964 - 22/03/196


Per due lunghi mesi assisto alle vicende sentimental-chirurgiche del Dottor Manson (l'impareggiabile Alberto Lupo). Anche qui la splendida musica fa da cornice a situazioni che il nostro gusto attuale potrebbe considerare leggermente datate ma che allora erano credibili e commoventi. Una scena in particolare è scolpita nella memoria di ogni spettatore. Muore un paziente operato da un chirurgo di fiducia di Manson: notte, pioggia torrenziale, tempesta di violini, Manson in lacrime sotto casa del defunto (" a Dio non la si fa") è consolato paternamente dal bobby di quartiere....

Lo Stadium a Torino. Le vicende di un grande edificio attraverso le pagine de La Stampa. (Parte II)

Demoliamo lo Stadium?  (19.01.1926) La Stampa - numero 16 pagina 5 

L’interessante questione da noi posta circa lo Stadium ci ha già procurato numerose lettere di cittadini. I pareri manifestati sono, alla quasi unanimità, per la demolizione di quella mastodontica costruzione, ma le proposte in merito alla utilizzazione del terreno o della somma da ricavare dalla eventuale vendita variano di molto. Prima di riferire il contenuto delle lettere che abbiamo ricevuto, riteniamo opportuno, per la migliore impostazione della discussione e per maggiore chiarezza, accennare allo condizioni sotto le quali il Municipio accordò la concessione del terreno per l'erezione dello Stadium. Il commissario aggiunto, commendator Pellicciotti ci aveva infatti dichiarato, e noi abbiamo riferito, che la Società esercente lo Stadium è inadempiente e di conseguenza il Municipio può ritirare la concessione e fare le demolizioni.. Ecco ora esattamente come stanno le cose. I rapporti intercedenti tra la Società dello Stadium ed il Comune sono stati definiti mediante la convenzione del 29 aprile 1910, con la quale la Società ha ottenuto la concessione dell'esercizio fino all'anno 1936. Nel gennaio di tale anno il Comune prenderà possesso dello Stadium, con tulle le costruzioni esistenti. La remissione dovrà garantire il buono stato di conservazione degli stabili. L'articolo 6 della convenzione contempla i vari casi di rescissione. Era stabilito che la Società aveva l'obbligo di completare la costruzione nell'anno 1911, in modo che essa possa a degnamente figurare all'Esposizione internazionale. Il Comune potrà, dice la convenzione, chiedere la restituzione dell'area fabbricata se nel periodo della concessione lo Stadium rimarrà inoperoso per la durata dì un anno, in modo da fallire  lo scopo per cui fu costruito, e malgrado una diffida comunale, non venisse riattivato in sei mesi. Potrà essere revocata la concessione nel caso giudicato inappellabilmente dal Comune o da una Commissione cui il Comune possa deferire i suoi poteri di vigilanza sullo Stadium, se questo fosse fatto servire a spettacoli indecorosi e, malgrado una prima rimostranza, si fosse nello stesso anno ricaduto nell'inconveniente. In nessun altro caso il Comune potrà chiedere la rescissione. Trascorsi dodici anni dalla firma della convenzione il Municipio può, per ragioni speciali, chiedere la revoca dell'accordo prima della sua scadenza. Ma. in tal caso la Società, sempre che non sia incorsa in qualche decadenza, dovrà fare riconsegna dello Stadium previo rimborso del valore delle costruzioni, mediante una stima che terrà conto del tempo trascorso e dello stato di conservazione del materiale. Ottenuta la concessione e stipulata la convenzione col Municipio la Società Stadium con 1300 azionisti entrò in piena attività. La partecipazione degli azionisti all'impresa ha avuto un carattere o meglio uno spirito particolare: poiché i soci non hanno inteso di fare una speculazione e il loro impiego di capitale (impiego senza pretese e per cosi dire a fondo perduto) è stato fatto per consenso alla iniziativa audace dell'on. Compans di Brichanteau. A fianco dell'On. Compans, e non meno entusiasti di lui, erano Porcheddu che con molto favore appoggiò il progetto di creare un'opera edilizia colossale. Questo va detto perchè, in fondo, esprime lo spirito dei soci che in  Piazza d'Armi hanno sempre visto e vedono ancora molti oggetti di decoro, di originalità e di ardito ornamento della nostra città, tanto da dare un carattere di questione morale, di problema ideale alla conservazione dello Stadium. Per i soci, lo Stadium appartiene ormai alle tradizioni torinesi: è legato a grandi ricordi degli ultimi quindici anni di vita cittadina, è un elemento della conoscenza di Torino all'estero, rappresenta insomma qualcosa di proprio, come una creatura schiettamente torinese che desterebbe un'eco clamorosa se crollasse e si polverizzasse sotto l'azione del piccone e delle mine. La società fu eretta in Ente morale ed ottenne il sovrano patronato del Re. E' tuttora amministrata da un Consiglio, eletto dall'assemblea, il quale esprime dal suo seno una Giunta esecutiva, assistita nelle deliberazioni dal Consiglio stesso. La Giunta è presieduta attualmente dall'avv. Comm Roccarino succeduto all’onorevole Montù. Vicepresidente è il comm Gorretta. Siccome la Società Stadium, formata da signori che per questa impresa hanno uno spirito di gentlemen e non di industriali, non intendeva continuare in proprio la gestione dell'edificio, l'esercizio dello Stadium venne ceduto ad un gruppo di impresari costituitosi appositamente sotto il nome di «Società Anonima Esercizi Stadium». Questa seconda Società, però, non ha soltanto una figura commerciale e neppure essa ha carattere esclusivamente speculativo. Tant’è che assumendo la gestione dello Stadium ha accettato una condizione dalla Società proprietaria: impegnandosi a non promuovere manifestazioni di nessun genere le quali non abbiano prima l'approvazione completa della Giunta esecutiva della Società proprietaria. La  Società Anonima Esercizi paga un contributo annuo all'Ente proprietario e promuove le manifestazioni a tutto suo rischio o vantaggio. Le iniziative più recenti sono state le esposizioni dell'arredamento della casa, della moda, dell'edilizia, della chimica, qualche manifestazione di carattere sportivo e coreografico e i fuochi artificiali. Il Consiglio di amministrazione della Società esercente è presieduto dal commendatore colonnello Luigi Tappi. Naturalmente questo gruppo di impresari ha un attaccamento meno profondo e meno sentimentale alle sorti dello Stadium. Esso non si sente legato da ragioni di creazione e di paternità, ma soltanto in forza di una lunga convenzione con la Società proprietaria. Come ben sì comprende, l'idea demolitrice lanciata dall'ing. Pellicciotti ha scosso le quiete acque della Società Stadium, che a quanto pare, proprio in questi giorni stava ventilando altri progetti por di completamento dell'immane edificio rimasto per tanti anni incompleto. Non è forse eccessivo dire che la minaccia appena accennata ha prodotto un senso di sorpresa. Ma trascorsi pochi giorni, il tempo necessario per le consultazioni, la Giunta esecutiva e il Consiglio non mancheranno certamente di dichiarare apertamente il loro pensiero. Si può prevedere che la dichiarazione sarà una difesa della tesi che propugna la conservazione dello Stadium. "Conservarlo o perfezionarlo „ Ed eccoci alle lettere dei lettori. Quanto al quesito centrale, se si deve, cioè, demolire o conservare lo Stadium, finora una sola proposta ci è pervenuta, ma in senso favorevole alla conservazione, quella del prof. Carli, direttore dell'educazione fisica nello scuola della nostra città il quale, dopo aver dichiarato che Torino, dove visse e studiò Emilio autore di un magnifico sistema di ginnastica superiore, deve mettersi alla testa del risorgimento dell'educazione fisica, cosi precisa le sue idee: «Non v'è dubbio che alle grandi tradizioni si ispirarono i geniali e arditi autori del grandioso stadio torinese superbamente degno della  regal Torino. Ed è perciò ch'io vorrei proporre che lo Stadio torinese venisse, non solo conservato, ma destinato stabilmente, al suo vero ufficio, cioè alla educazione fisica della nostra gioventù, la quale dovrebbe ritrovarvi, il Gymnasium, le Terme, la Palestra, lo Sferisterio, l'Efebeo, l’Odeon. Ciò premesso, mi permetterei fare le seguenti proposte: 1) che in via di esperimento siano allestite alcune palestre nelle sottoscale, con relativo campo per i giuochi nell'arena, da servire a tutti i reparti maschili delle scuole medie 2) che s'invitino gli Istituti privati di scuola media della città, per i quali è obbligatoria l'educazione fisica o che non dispongono di palestre proprie, ad approfittare, dietro compenso, di quello dello Stadio 3) che si provveda, a fornire di palestre e campi sportivi, sempre nello Stadio, tutti gli Istituti cittadini di istruzione media, commerciale, industriale, professionale e di avviamento al lavoro, per i quali vige pure l'obbligo delle esercitazioni ginnastiche 4) che si destini una parte sufficiente di locali, coperti e scoperti, alle scuole superiori, per le esercitazioni sportive degli studenti universitari e che vi sia la palestra, e il campo sportivo adibito allo libere esercitazioni dei docenti, degli educatori (maestri o professori, ecc.) cui incombe il dovere di dare l'esempio ai loro alunni anche in questo ramo della educazione. «Lo Stadio diventerebbe cosi la vera casa, non soltanto dello studente, ma anche dei maestri, dei professori e di tutti i convinti dell'educazione corporale. Gli studenti del Piemonte, venendo a Torino, individualmente o collettivamente, nelle solenni circostanze, troverebbero nello Stadio un luogo adatto alle loro riunioni e alle loro esercitazioni. Lo Stadio come già il Gymnasium dovrebbe avere anche la sua ricca biblioteca, sale di convegno, di studio, di pubbliche conferenze, dovrebbe diventare cioè un vero centro di educazione, di cultura, di vita feconda per la nostra gioventù, sarebbe così facile anche il rinnovare lo feste ginnastiche e sportive cittadine, regionali e nazionali, con straordinario concorso di forestieri e con vantaggio morale e materiale della città di Torino, che è stata la culla della ginnastica e che deve ritrovare le nuove vie della educazione fisica, tanto più oggi che, essendo fortemente inteso il bisogno dello e sport in ogni classe sociale, è opera veramente umanitaria il favorirlo e dargli sempre maggior impulso, ricordando che la nostra gioventù finché fa dello sport, non solo, non pecca, ma forma  uomini seri, animosi e pronti in qualsiasi momento all'appello della Patria. E concludo: credo che lo Stadio debba essere conservato e trasformato, cosi da diventare il centro dei ludi ginnici della gioventù torinese. Che se superiori ragioni amministrative, in cui io non sono competente, ne imponessero la demolizione, bisognerebbe almeno che col denaro ricavato dalla vendita dell'area, si provvedesse a costruire, in altro posto, ugualmente centrale della città, un altro Stadio o, comunque, un edificio che raggiunga gli scopi sopra delineati». Per la demolizione o trasformazione sentiamo adesso l'altra campana, che dà ben più numerosi rintocchi. Con tacitiana brevità «un inquilino» risponde cosi al nostro invito: «Preparare tanti alloggi per affittarli agli sfrattati». E' un ottima idea, ma vi ostano, a nostro parere, le condizioni antigieniche, non facilmente eliminabili, della costruzione ideata per tutt'altro scopo. Tuttavia, in periodo di gravissimi e urgenti bisogni, ma solo in periodo estivo crediamo meglio, una utilizzazione immediata e soprattutto temporanea in questo senso dello Stadium, sarebbe cosa da prendersi in considerazione. Questa stessa idea è ripetuta da altri. «Fissare la data irrevocabile- ci scrive un distinto professionista- della sua distruzione e nel frattempo affittarlo a prezzo di rimborso delle spese occorrenti per un adattamento sommario, molto sommario, ad uso di abitazione provvisorio, per un massimo di tre o quattro anni, per dar tempo a costruzioni definitive». Un reduce di guerra scrive che non avendo potuto trovar alloggio a Torino ha dovuto trasferirsi a Novara, ma vorrebbe tornare nella città natia con la famigliola ed è del parere di impiegare la somma che si potrebbe ricavare dalla vendita del terreno dello Stadium in case popolari perchè non si ripeta il fatto che cittadini torinesi debbano emigrare anche per la ragione delle grandi difficoltà di trovar alloggi per quelli che non dispongono alcuna somma per pagare buone uscite ed altre spese di simil genere. Altra proposta è questa che ci viene fatta da un lettore che viceversa comprende tre proposte distinte: l) Demolizione dello Stadium e restituzione dell'importo delle azioni ai singoli proprietari 2) Vendita del terreno a lotti per costruzioni case signorili 3) Dall'utile che si ricava dalla vendita di detto terreno farei la proposta di studiare un sistema per indennizzare i proprietari di via Roma onde poter risolvere la questione dei portici. Ecco un elemento nuovo, nel dibattito che un altro lettore amante delle soluzioni radicali, ci risponde in questi termini: La Stampa pone al pubblico alcuni quesiti sullo Stadium. Senza presentare lunghe argomentazioni, rispondo in modo generale. A qualunque costo lo Stadium deve essere demolito: le necessità demografiche di Torino, derivanti dallo sviluppo dell’industria, sviluppo che tende, sempre più a legarsi alle grandi città, l'area dello Stadium deve essere impiegata per la creazione di un nuovo centro di abitazioni civili, che assumerà maggiore importanza col tempo».

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Fotografia dell'inaugurazione dello Stadium (1911) visto da corso Castelfidardo
Tratta da:
http://www.torinoinfoto.it/f413cb35e8bfbe11875d50296f1a4a0f.htm



le due foto di qui sopra sono tratte da: Icopix
http://www.skyscrapercity.com/showthread.php?t=364547&page=675


da Archivio Storico Luce

da Archivio Storico  Luce

da Archivio Storico Luce





lunedì 21 novembre 2011

Piazza Bodoni a Torino: la Guardia nazionale

La Guardia Nazionale a Torino

Estratto da: La Stampa (1.6.1867) numero 112 pagina 1

 

Piazza Bodoni è stata da sempre teatro di grandi manifestazioni. Nell’articolo del giugno 1867 si dà notizia dell’adunata della Guardia Nazionale del 2 giugno. La Guardia Nazionale Italiana era una forza armata sorta subito dopo l’Unità d'Italia (1861), utilizzata per reprimere il brigantaggio e la resistenza degli ultimi nostalgici del regno borbonico. Vista la sua scarsa efficienza ed il comportamento non certo impeccabile dei suoi ufficiali e di molti degli altri membri tra i graduati e la truppa, venne sciolta definitivamente nel 1876. Le convocazioni della Guardia Nazionale erano decise in occasione di importanti avvenimenti come sepolture di illustri cittadini o eventi nella dinastia reale, degni di ricevere gli onori militari. Nel giugno 1867 per la cerimonia funebre del Generale De Sonnaz il 3° battaglione della 2° legione della Guardia venne schierata in piazza Bodoni in perfetta tenuta da parata. Nel maggio dello stesso anno, in occasione del matrimonio tra Amedeo Ferdinando Maria di Savoia (Torino, 30 maggio 1845 – Torino, 18 gennaio 1890) figlio del primo re d'Italia Vittorio Emanuele II con Maria Vittoria dal Pozzo della Cisterna, erede di un antico casato biellese, la Guardia nazionale era stata schierata sulla stessa piazza. La Guardia era dotata di banda che si esibiva al cambio della guardia in Piazza Palazzo di Città con partenza da Piazza Bodoni: il repertorio era discretamente vario.


 Da:   La Stampa  (9.6.1867) numero 120  pagina 2

II veterano dell'esercito, il soldato che assistette alle patrie battaglie, l'integro cittadino, devoto al suo Re ed al 
suo paese in guerra e nei consigli, cessò di vivere.
La sepoltura del venerando generale Di Sonnaz avrà luogo domattina con l'intervento di numerosissima truppa.
Parecchi reggimenti sono stati chiamati a Torino per rendere gli estremi onori all'illustre estinto. Vi interverrà pure 
la Guardia Nazionale alla quale fu indirizzato il seguente ordine del giorno: 
Le quattro legioni sono chiamate in armi ed in perfetta tenuta di parata lunedì 10 corrente per rendere gli estremi
onori e si riuniranno: La 1°legione in piazza Carlo Emanuele II(già Carlina),la 2° in piazza del Palazzo Civico, 
la 3° in piazza Savoia, il I ° e 2° battaglione, il 3° in piazza Bodoni. Il 4° in piazza Carignano. L'appello avrà luogo
alle ore 6 42 precise antimeridiane. Graduati e militi, un altro uomo intemerato, onore delle nostre Provincie, ci 
abbandonò per sempre. A voi il provare che sentite quale sia il culto dovuto a chi si chiamò Ettore Gerbaix de Sonnaz. 
Sia il vostro concorso nuovo pegno della vostra fratellanza coll'Esercito nuovo omaggio reso a chi fu illustrazione 
della nostra città
Il Luogot. Generale Danesi.