mercoledì 17 aprile 2013

Bussoleno nera: nell'estate del 1874......

Bussoleno, Valle di Susa. 9 agosto 1874. A fine giornata, con le prime ombre,  il termometro, è ancora sopra i 20 gradi. Alla periferia del paese sulla strada che porta a Torino, nei pressi della chiesuola di Sant'Antonio un uomo in terra sta morendo ferito da due tagli profondi al collo. Si tratta di Giovanni Annone operaio quarantenne in servizio alla stazione ferroviaria. Portato a casa muore nella notte per la gravità delle ferite riportate, si pensa da arma tagliente, un falcetto. I sospetti si appuntano rapidamente su  un compaesano,  Domenico Henry, 33 anni, contadino ed ex carabiniere. Ma non ci sono prove solo tenui indizi. L'Henry viene comunque arrestato. Una perquisizione condotta in casa sua non svela nulla: non vengono ritrovati neanche gli strumenti che comunemente ogni contadino utilizza nel suo lavoro quotidiano come falcetti, coltelli o scuri. I motivi alla base dei sospetti però sono riconosciuti validi. Serafina, la sorella dell'Henry intratteneva da tempo una relazione con l'Annone, relazione fortemente avversata dal fratello. Più volte in paese si era manifestato il rancore dell'Henry verso l'Annone. Alla base di questo sentimento, pare che ci fosse un sentimento di gelosia morbosa sconfinante in un turpe amore incestuoso. Tempo addietro un altro corteggiatore della Serafina era stato allontanato con frasi minacciose che non facevano presagire nulla di buono.... L'Annone invece non si era spaventato ed aveva continuato la sua tresca. Il fatto che Serafina fosse in procinto di divenir madre non lo aveva turbato. L'accusa mise in evidenza alcune incongruenze come l'affermazione, smentita da testimoni, che la sera del delitto l'Henry si fosse ritirato in casa senza più uscirne e avesse cenato con la sorella. Pare invece che Serafina si fosse recata come d'abitudine all'appuntamento serale con l'Annone e che l'Henry fosse stato visto rientrare a casa "con passo concitato" in concomitanza dell'ora del delitto. Il processo si svolse in Corte d'Assise nel mese di marzo del 1876: l'imputato apparve calmo e indifferente. Malato di tubercolosi, sembrò però in discreta salute. Furono esaminate tutte le circostanza a carico dell'imputato ma non emerse mai chiaramente una prova che dimostrasse la sua colpevolezza. Alla fine l'imputato fu dichiarato colpevole e condannato ai lavori forzati a vita.