domenica 20 aprile 2014

Il giardino zoologico di Torino al Parco Michelotti

La storia del giardino zoologico di Torino si dipana nell'arco di poco più di trenta'anni dal 1955 al 1987. La sua nascita avviene nel 1955 quando la Giunta comunale delibera di concedere  la zona del Parco Michelotti, per trent’anni, alla Società Molinar. La scelta del luogo viene fatta dopo aver preso in considerazione altre aree scartate, come nel caso del Giardino Ginzburg, per non oscurare la prospettiva del Monte dei Cappuccini.  Per chi desiderasse approfondire il tema suggerisco il  seguente link 
http://enzocontini.wordpress.com/2013/01/17/lo-zoo-di-torino-nel-parco-michelotti-dal-20101955-al-3131987/ 

Di seguito le vicende del giardino zoologico desunte dagli articoli de La Stampa dalla sua nascita nel 1955 alla chiusura nel 1987

15 Gennaio 1955

Dopo la decisione presa dal Comune. Si cerca un giardino per la sede dello Zoo.
Il parere del soprintendente ai Monumenti e alle Belle Arti: non guastare il panorama caratteristico, il Monte dei Cappuccini.  Non v’è dubbio che una delle decisioni più simpatiche e popolari prese di recente dall'amministrazione civica sia stata quella di dotare Torino d'un giardino zoologico, accettando una nota proposta privata. Cosi poco pittoresca è la vita contemporanea in una grande città, così tediose e monotone sono le giornate malgrado il tumulto delle cose e dei casi straordinari — anzi, proprio per questo, perché nulla v'è di più malinconico del non potersi più stupire, nel male e nel bene —, che l'idea degli elefanti e delle tigri, degli orsi e dei pitoni, delle scimmie e dei marabù sulle rive del Po, ridestò in tutti, grandi e piccini, fantasie liete, colorite di esotismo. Benvenute dunque le belve, quando giungeranno in questa nordica e nebbiosa Torino. Dove ospitarle,  dove crear loro, così la dimora, l'illusione della selva, del deserto, del fiume questa  scelta, il Municipio l'ha fatta. Tra i vari luoghi che la città offre, sulla sponda del Po, a ponente di corso Moncalieri e a breve distanza dalla Gran Madre di Dio, fra la villetta della Società canottieri «Esperia» ed il grande edificio del Centro ricreativo Fiat, si stende un terreno lievemente ondulato di forse trecento metri per ottanta, con qualche albero annoso, sistemato con decoro a zone erbose, vialetti, giovani alberelli, con al centro un piazzale per giochi sportivi. E' il Giardino Leone Ginzburg, nome caro alla memoria di tutti gli spiriti liberi e colti. I nostri padri coscritti hanno detto: Ecco il luogo ideale; il puma riudirà il mormorio delle correnti amazzonie, il giaguaro risognerà l'agguato dell’alligatore.  Hanno dimenticato un particolare: che proprio sopra il Giardino Ginzburg, al di là del Corso Moncalieri. s'alza boscosa — precisiamo, in via di rimboschimento — la costa del Monte dei Cappuccini; e che questa deliziosa, impareggiabile, e tanto caratteristica architettura torinese, per metà naturale e per metà creazione dell'uomo, offre la sua visuale più bella e completa, serena, armoniosa, col nitido poliedro della chiesa del Vittozzi e il lungo fianco del convento, dal nobile ingresso  di corso Cairoli, sull’opposta riva del nostro caro fiume. A questa incantevole e stampa antica bavarese serve di ben composta base, raccolta e amena, appunto il Giardino Ginzburg, ultimo lembo di terra, su codesta sponda, libero ancora d'intruse presenze di fabbricati. Perchè di fabbricati, quantunque di ridotte dimensioni, necessiterà pure il nuovo giardino zoologico; gli elefanti, ad esempio, vogliono una loro casa, esigono <casette> le più freddolose fiere; poi ci saranno rocce artificiali, gabbie, steccati, reti, pali e piloni. Sappiamo che l'architetto Manfredi, incaricato di studiare la sistemazione, ha fatto miracoli, da quell'intelligente progettista che è; ma sappiamo anche che non si tengono leoni e tigri come conigli; e allora addio al fianco aprico del nostro bel Monte, già guastato da quello stupido piazzaletto-fontana. Proprio è obbligatorio, a Torino, alterare i più tipici aspetti locali? Si effettuerà la minaccia all'antica Bastita, il famoso <castelletto del Po>, cui il giovane duca Carlo Emanuele, dopo averlo comprato dai conti Scaravelli, ascendeva nel 1583 — con il corteo recante la gran croce di legno — per donarlo ai Padri Cappuccini? Di questo proposito è impensierito il soprintendente ai monumenti prof. Chierici, cui spetta anche la tutela del paesaggio torinese. Come non esserlo? Basta immaginarne le conseguenze; e con lui è d'accordo il prof. Giorgio Rosi, ispettore centrale della Direzione Antichità e Belle Arti. Si dirà: i soliti guastafeste, coi loro bastoni da gettar nelle ruote d'ogni idea accolta con favore. Nessuna festa da guastare: basta non guastare, invece, e irrimediabilmente, uno dei pochi panorami caratteristici che restano a Torino. Chi penserebbe, a Parigi, di toccare i dintorni del Pont Neuf, di disturbare la quiete della Pointe du Vert-Galant? La vera civiltà, che è sempre gusto e cultura, è fatta anche di queste minuzie. Allora, niente giardino zoologico? Manco per sogno. Ci sono altri luoghi: il Parco Michelotti, ad esempio, nei pressi del ponte Regina Margherita. Nessuno più di noi strenuo difensore del Valentino; ma, scelto bene il punto, le belve ci potrebbero stare. Poi c'è la zona, che sarà tutta giardinata, di corso Polonia. Lontana? L'elefante  Annone di papa Leone X era la mascotte del popolo romano. Il popolo torinese non farà una passeggiata per vedere il suo elefante?  

2 marzo 1955
Le partenze di Arduino e Sandro Terni per una spedizione nelle foreste Caccia per lo «Zoo». Il serraglio di Torino sarà il più moderno d'Europa
Per la costruzione del giardino zoologico, pronto secondo le previsioni entro luglio di quest'anno, i tecnici devono risolvere sempre nuovi problemi. Approvato il progetto che l'8 marzo sarà presentato al Consiglio Comunale, discussa la sistemazione, iniziate le prime delimitazioni sul terreno del parco Michelotti, si comincia orai a parlare degli animali. Una popolazione di 2000 unità non è facile da riunire tenendo conto delle migliaia di chilometri che separano il luogo di nascita di leoni e leopardi da quello dei pinguini o degli orsi polari. Ma gli organizzatori non si spaventano delle distanze, nè delle difficoltà. Fra meno di un mese cacciatori ed esperti partiranno da Torino per i quattro angoli del mondo. Primo fra tutti, come è naturale, sarà Arduino Terni, l'uomo che da parecchi lustri vive cercando e allevando, con l'amore del collezionista, animali di ogni latitudine ed è stato uno dei migliori collaboratori dei fratelli Molinar nel nome da quali continua a lavorare. <Non posso dirvi nulla per ora dello Zoo di Torino — ci ha detto stamane nel suo ufficio di via Goldoni — una cosa è certa: sarà fra i più belli e quasi certamente uno dei più moderni d'Europa. Poche gabbie, molta libertà per gli animali: questo è il nostro motto. Terni sta preparando qualche grossa sorpresa per lo zoo di Torino. Fra pochissimo tempo andrà in Birmania a raggiungere il figlio Sandro diciottenne, partito anch'egli alla caccia di elefanti.  Oltre ai grossi pachidermi arriveranno sulle rive dei Po dall'Oriente tigri malesiane, orsi, serpenti dalle lunghe schiene striate. E, forse, il rinoceronte indiano. Sono animali ormai rarissimi, quasi introvabili — racconta Terni — un tempo gli indigeni li uccidevano senza pietà per prendere il loro unico corno da cui traevano una sottilissima polvere inebriante, Nel '52 ho partecipato ad una battuta di caccia contro questo strano rinoceronte. Un’avventura piena di emozioni. Abbiamo impiegato un mese e mezzo per portare l'enorme bestione pesante 22 quintali, in una fossa pantanosa di dove si poteva farlo entrare, senza ferirlo, in gabbia. Il nuovo giardino sarà ricco anche di belve feroci: un collaboratore di Arduino Terni sta girando, in questo momento, le foreste dell'Africa equatoriale per catturare leoni, tigri, pantere, puma, ippopotami. Fenicotteri palmipedi, rapaci, uccelli tropicali, serpenti saranno presenti, come in ogni zoo che sia degno dir questo nome, anche nel giardino di Torino. Poiché noi vogliamo accontentare i gusti del pubblico ci porteremo anche numerose scimmie, orsi e foche, gli animali più amati dai visitatori, i veri incontrastati divi degli zoo di tutto il mondo.

3 giugno 1955
Arrivano le belve. A Parco Michelotti si lavora alacremente per portare a termine la costruzione di gabbie, recinti, fontane. Gli animali saranno ospitati provvisoriamente allo zoo di Milano.

18 luglio 1955
Arrivano i primi ospiti. Leoncini e scimmie entrano nel giardino zoologico. Il Sindaco in visita al cantiere.

2 settembre 1955
La firma per lo Zoo. A mezzogiorno è stato firmato l'atto di nascita dello Zoo di Torino. Il signor Terni, amministratore della ditta Molinar, si e recato dal Sindaco e in sua presenza ha siglato la convenzione. Il giardino zoologico, uno dei più piccoli e più belli d'Europa, sarà aperto alla fine di settembre. Le scolaresche avranno ingresso libero, il prezzo del biglietti sarà di 100 lire per gli adulti e 5O per militari e ragazzi.

20 Ottobre 1955
 Sarà inaugurata nel pomeriggio dal Sindaco la città zoologica al parco Michelotti.  I vigili del fuoco alla caccia di un pellicano fuggito nella notte. Da oggi pomeriggio Torino avrà un suo zoo: un pizzico di jungla nel Parco Michelotti, una delle zone più suggestive del lungo Po. Sarà uno zoo modesto nelle proporzioni, ma il più moderno di tutta Europa. Stamane arriveranno gli ultimi ritardatari: un orso bruno, regalo dello zoo di Vienna, decine di uccelli esotici e numerose scimmie. Poi il Parco sarà al completo, pronto per la cerimonia inaugurale che si svolgerà alle ore 16 con la presenza del Sindaco avv. Peyron e di altre autorità. Lo zoo (il progetto è opera dell'ing. Gabriele Manfredi) si vale di una costruzione geniale che unisce alla razionalità degli impianti, una moderna eleganza di linee: le gabbie, le vasche, le abitazioni notturne, le isole degli anfibi hanno fisionomie del tutto diverse da quelle che hanno sempre caratterizzato tali impianti. Le recinzioni, nel limite del possibile, sono ridotte al minimo, grazie anche a particolari accorgimenti i quali, mentre non consentono alcuna possibilità di fuga agli animali, danno al pubblico la impressione di vederli nella loro vita di libertà. Il terreno è variamente movimentato e i sinuosi tracciati muovendosi anche in altezza offrono una prospettiva sempre varia. Le bestie che popolano questa minuscola loro città sono alcune centinaia. Le specie rappresentate sono numerosissime, ma mancano i rettili e i pachidermi che potranno essere ospitati dallo zoo quando le possibilità finanziarie (l'opera fino ad ora è costata 8O milioni) permetteranno di realizzare anche la seconda parte del progetto la quale comprende la casa per i pachidermi, la voliera magica per gli uccelli tropicali e il terrarium  per i rettili.  Fra gli animali ospiti dello zoo sono un bisonte europeo regalato al sindaco di Torino dal collega di Roma, tre orsi lavatori offerti dallo zoo di Monaco, tre cervi dello zoo di Basilea, un leopardo mandato in regalo dallo zoo di Colonia. L'elenco degli altri presenti sarebbe lunghissimo; ne citeremo alcuni a caso: cinque leoni, due puma, due leopardi, dieci canguri, due lama, due tigri, una pantera nera, due orsi polari, tre cervi, un elefante, quattro otarie, quattro pellicani, cinque zebre, cento palmipedi, dodici pinguini, quattro struzzi, centinaia di scimmie e centinaia di uccelli delle specie più rare e dai colori più sgargianti. Il giardino sarà diretto dal signor Arduino Terni, un veterano nel campo zoologico, che ha al suo attivo vent'anni di Asia dedicati alla cattura e alla raccolta degli animali esotici. Un altro personaggio importantissimo per la città zoologica è il veterinario, che terrà sotto controllo tutti gli animali. Già in questi giorni ne ha due in cura: un'otaria e un pellicano. I’otaria, che è della famiglia delle foche, ha sofferto durante il lungo viaggio di trasferimento dai mari del Nord a Torino: è rimasta circa 33 ore senza potersi tuffare nell'acqua e questa astinenza le ha procurato disturbi che si sono palesati al suo arrivo con inappetenza e con il desiderio di rimanere nella tana anziché godere della magnifica piscina azzurra a disposizione sua e delle compagne. Adesso ogni mattina il veterinario fa all'otaria ammalata una iniezione e imbottisce di pillole una delle tante sardine che le sono destinate per pasto. Il pellicano è malato per una brutta avventura che egli stesso ha voluto vivere. Appena giunto allo zoo, approfittando del fatto che il suo recinto non era ancora ultimato, riusciva a fuggire e si rifugiava nel Po, sotto il ponte Regina, dove rimaneva per tutta la notte. L'indomani mattina, quando i pompieri, in barca, cercavano di awicinarglisi, riusciva ad allontanarsi nuovamente. Più tardi veniva raggiunto e catturato; ma aveva un'ala colpita da una scarica di pallini tiratagli evidentemente da un cacciatore poco scrupoloso. Nel giardino zoologico un ampio settore è dedicato alle scimmie. Nelle giornate estive o comunque non fredde le scimmie potranno stare all'aperto in un'ampia isola al centro di un pozzo di cemento di una ventina di metri di diametro e profondo circa tre. Ai visitatori, che seguendo un percorso in salita si affacceranno alla sommità del pozzo, gli agili animali daranno lo spettacolo dei loro giochi: l'isola è infatti una specie di luna park, con ruota della fortuna, giostra, sbarra e altalena. Un'altra originale costruzione all'interno dello zoo è quella della « casa dei leoni e delle tigri, la quale fa spicco per i quattro alti coni di cemento e vetro che sovrastano le gabbie e alla cui sommità sono installati gli aeratori, I coni di vetro daranno luce di giorno nelle gabbie e di notte, illuminati, saranno visibili dall'altre Po. Il quadro scenografico del giardino è completato, oltreché dalle rocce che delimitano i settori degli orsi e delle otarie, dalle piantagioni che, quando raggiungeranno il loro pieno vigore, daranno un aspetto di vera jungla all'insieme dello zoo. Ai fanciulli che con impazienza aspettano l’apertura del giardino sarà riservata una sorpresa: essi dovranno rispondere a un referendum per dare il nome all'unico elefante dello zoo che é arrivato al Michelotti nella mattinata di ieri dalla Birmania.

7 agosto 1956



6 marzo 1957
Addentato da un orso un guardiano dello zoo. Guaribile in 12 giorni.

17 agosto 1958
Cinque scimmie fuggono dallo zoo e dagli alberi bombardano i passanti

28 febbraio 1962
Bloccano il traffico in Borgo Po 23 scimmie evase dallo Zoo.

29 gennaio 1971
I leoni dello zoo se ne vanno.  Previsto il trasferimento di una parte del giardino zoologico a Stupinigi
Lo zoo del Parco Michelotti ospita attualmente 117 mammiferi, 739 uccelli, 114 rettili e 1353 pesci su una superficie quadrata di 50.000 metri. Uno zoo medio ormai insufficiente per una metropoli quale vuole essere Torino. Per questo il sindaco si è preoccupato di trovare una nuova sistemazione nel parco di Stupinigi. Qui sarà possibile aumentare il numero degli animali con nuove specie e creare un moderno parco zoologico in cui siano abolite le sbarre e gli animali possano vivere in un ambiente naturale e non più completamente ricostruito. E' un nuovo orientamento già adottato in alcune capitali europee, più piacevole per i visitatori che possono unire alla visita l'occasione per una scampagnata. Ci sarà anche, sia pure in miniatura, la possibilità di un safari fotografico. Un progetto in questo senso è già stato preparato e verrà consegnato nei prossimi giorni ai competenti uffici comunali. Nel Parco Michelotti resteranno soltanto gli impianti fissi con l'acquario, che è ancora considerato fra i più moderni e completi d'Europa, una parte degli uccelli e degli animali più domestici. Verrebbe cosi ridotto lo zoo del Parco Michelotti e l'area lasciata libera diventerebbe verde pubblico con la costruzione di aiuole e fontane per il gioco dei bambini. Questa soluzione accontenterebbe tutti: chi asserisce che lo zoo del Parco Michelotti rappresenta un'attrattiva nel centro della città e coloro (sono la maggioranza) che sostengono la necessità di dare alla città un grande giardino zoologico capace di aumentare ancora il richiamo che gli animali esercitano sulla popolazione e sul turismo. Quando sarà realizzato il progetto? Impossibile dirlo. I problemi sono molti. Oltre al reperimento dell'area dietro il castello di Stupinigi sulla strada per Piossasco, è necessario creare tutti i servizi primari (acqua, luce, telefono), costruire gli edifici per il ricovero degli animali, le abitazioni dei guardiani, i recinti e creare l'habitat per le singole specie della fauna da ospitare. Il piano di massima è già pronto e, se approvato, potrà dare l'avvio al progetto esecutivo. Un'iniziativa che può contare a Torino su tecnici preparatissimi come Terni e Molinari.

Tratto da: https://www.facebook.com/media/set/?set=a.612946318717365.1073741827.457641684247830&type=3

30 agosto 1972
L’ippopotamo dello zoo ucciso da una bambola. E’ un esemplare femmina di 17 anni proveniente dalla Somalia. Da qualche giorno non mangiava più e deperiva. All’autopsia trovata una testa di bambola (probabilmente lanciata da una bambina) che aveva bloccato lo stomaco.

18 Febbraio 1978
 I molti problemi e i moltissimi progetti del Parco Michelotti
Lo zoo (in letargo) aspetta finanziamenti LUISELLA RE Al parco Michelotti; il giardino zoologico si prepara ad uscire dal letargo invernale. Proprio in questi giorni il cigno nero, «fingendo» di essere ancora in Australia, cova le sue uova tra la neve invece che in mezzo alla sabbia rovente. Intanto, mentre i procioni — ultimi arrivati — sono praticamente ambientati, si finisce di preparare la gabbia destinata ai nuovi caprioli. «Ma le novità più importanti sono altre, e riguarderanno pesci e rettili — anticipa il vicedirettore Giusto Benedetti —. Uno zoo moderno ha scopi di divulgazione naturalistica, ricerca scientifica, conservazione di specie rare, didattica. Siamo piccoli, abbiamo pensato fosse meglio restringere gli obiettivi a quest'ultimo settore, visto anche che qui arrivano più di 150 mila scolari ogni anno. Da tutto ciò, le attuali ristrutturazioni». Da maggio, la piccola sala superiore fino a ieri destinata ad una serie di acquari apparirà completamente diversa. «Tre vasche mediterranee illustreranno la vita che si svolge ai diversi livelli di profondità. In più, accanto ad alcuni esempi di acquari "giusti" e di acquari "sbagliati", verranno esposti modelli illustrativi delle varie fasi della riproduzione, delle leggi genetiche e di un ecosistema: dei rapporti e degli equilibri, cioè, che caratterizzano un determinato ambiente». Al piano sottostante, invece, due esperimenti portati avanti con il gruppo biomarino Fias (Federazione attività subacquee) di Torino, in primo, già in allestimento e che verrà probabilmente completato entro la tarda primavera, consiste (ed è il primo tentativo del genere realizzato in Italia), nella riproduzione artificiale di una biocenosi mediterranea. «In parole povere, si tratta di mettere insieme tutti gli organismi che vivono in natura in un certo habitat (nel caso specifico, nelle acque costiere della Liguria), e di portarli ad un equilibrio di completa autosufficienza: con il pesce grande che mangia il pesce piccolo; con il pesce piccolo che si garantisce la sopravvivenza aumentando le sue capacità riproduttive, e così via. Si tratta, ovviamente, di un'esperienza che esige un lungo rodaggio». A farne le spese, per ora, sono stati soprattutto i paguri, decimati senza pietà. Già a maggio, però, si spera che anemoni e cefaletti, oloturie e stelle marine, pesci-ago, «gallinelle» e spirografi avranno raggiunto un ragionevole patto di coabitazione. Secondo esperimento (questa volta a tempi necessariamente più lunghi) quello relativo ad un nuovo, grande «paludario». Ospiterà libellule e rane, bisce e ramarri, piante palustri e uccelli acquataci. Per completarlo, bisognerà Lezione col leopardo aspettare circa un anno. «Nel frattempo — sottolinea il direttore Terni — ci auguriamo di poter proseguire su questa strada grazie anche ad appoggi esterni di cui fino ad ora siamo sempre stati costretti a fare a meno. Questo zoo, com'è noto, dipende da una società privata che in passato poteva contare su introiti legati all'importazione ed al commercio di animali selvatici Ora però il vento è cambiato: i paesi importatori hanno chiuso le frontiere, non possiamo più sostenere da soli un onere finanziario tanto grande. Dì conseguenza speriamo che il Comune, il quale da tempo dimostra di aver capito che uno zoo non è un baraccone da fiera ma può diventare un istituto culturale con tutte le carte in regola, ci offra in futuro qualcosa in più della sua amicizia». Un omaggio, a dire il vero, è già stato offerto parecchi anni fa. Fu l'arrivo del professore di scienze Ernesto Sbarsi, dislocato qui appunto dal Comune come «guida» per le scolaresche e come responsabile delle attività culturali abbinate al settore della didattica. Tocca a questo insegnante spiegare a decine di migliaia di ragazzi i segreti dello zoo: il buon carattere della iena, i getti di sabbia con cui si difende la lince, l'indole da «maschio latino» del ghepardo il quale, quasi per far loro rabbia, si accoppia solo se in presenza di altri maschi. E tocca ancora a lui, furibondo con le enciclopedie naturalistiche italiane («Testi orribili, pieni di foto ma anche di errori mostruosi»), respingere per carenza di tempo e di personale, almeno un trentesimo delle visite di scolaresche, almeno il 90 per cento delle insegnanti alla ricerca di una consulenza «che è ovviamente gratuita, come l'ingresso offerto a tutte le scuole della città. Appunto a Torino, patrocinato dall'istituto di antropologia, si terrà a maggio il secondo congresso nazionale dei musei scientìfici naturalistici. Intanto (mentre nei giorni scorsi i giornali di mezzo mondo hanno annunciato la «clamorosa scoperta», in Nuova Zelanda, di alcuni gabbiani «Magenta Petrel» che si ritenevano scomparsi da secoli e di cui l'unico esemplare (imbalsamato) che si conosca, è ospitato nel museo zoologico torinese) si fanno sempre più concrete le voci che anticipano un grande, completo Museo delle Scienze in programma su iniziativa della Regione. Dice il prof. Sbarsi: «I ragazzi ai quali "spiego lo zoo" non sono certo quelli che hanno buttato 33 chili di pietre nella vasca delle otarie o che cercano di accecare gli animali in gabbia, sono convinto che la strada per quella coscienza naturalistica e quel rispetto verso l'ambiente che in Italia ci sono sempre mancati passi anche di qui.

Ipotesi di chiusura. I tempi sono mutati. L'importazione di animali esotici ha subito severe restrizioni, segnando la fine di un businnes lucroso, la sensibilità ecologica verso il mondo animale si è affinata e l'animale dietro le sbarre non suscita più curiosità ma pena. Il giardino zoologico cittadino è economicamente in grave perdita e allo scadere della convenzione con la Ditta Molinar, risulta improponibile per le casse comunali l'accollarsi  di un deficit così oneroso così come il riscatto di animali di cui non si sa più cosa fare.....

10 Dicembre 1985
Si riunisce la commissione che deciderà la sua sorte Ultimi giorni per lo zoo
Entro fine mese scade la convenzione tra il Comune e la ditta che lo gestisce - Tre ipotesi: ristrutturazione dell'impianto (la meno probabile), trasferimento o totale abolizione - Molti auspicano un territorio ampio e senza gabbie, che ospiti solo animali di queste latitudini Ore contate per lo zoo? Ne discuterà giovedì la Commissione consiliare costituita nell'ottobre scorso dalla Giunta municipale con l'obiettivo di giungere rapidamente ad una decisione. La convenzione fra i1 Comune e la ditta Molinar, che da trent’anni  gestisce i1 Giardino zoologico, scade infatti i1 31 dicembre mentre l'impianto, che conta ogni anno circa 320.000 visitatori, è in cattive condizioni e necessita di interventi radicali. Si è dunque alla vigilia di scelte Importanti, con tre soluzioni possibili: rinnovo della convenzione (che dovrà prevedere vasti lavori di ristrutturazione), trasferimento dell'impianto in altra sede oppure abolizione dello zoo. L'ipotesi del rinnovo è, al momento, la meno probabile. Quasi tutte le forze politiche sono d'accordo che l'area del parco Mlchelotti venga destinata ad altro uso. Il plano regolatore prevede che debba diventare un parco pubblico. Ampio credito trova invece, l'ipotesi del trasferimento, ma non mancano vigorose pressioni per la chiusura totale. Sarebbe un atto di civiltà — spiega l'assessore al verde Marziano Marzano — un modo per scrollarsi di dosso retaggi che risalgono all'impero romano, rinvigoriti dopo il colonialismo, ma ora fuori dei tempi. Lo zoo, come è concepito attualmente, non va bene. Violenze ai danni degli animali sono incontestabili. Basti pensare a predatori e predati costretti a vivere a contatto di vista e di odori. I bambini avrebbero poco da perdere: lo zoo offre loro un'immagine distorta della realtà. Non va tenuto aperto solo per il fatto che si vendono molti biglietti. C'è già una precisa idea sul riutilizzo dell'area: -Potrebbe, nascere un parco naturalistico con le strutture murarie già esistenti usate per ospitare piante rare ed un cinematografo, inserito nel normale contesto della programmazione ma specializzato nella programmazione di pellicole a tema ecologico-. L'ingegner Luigi Momo, presidente del quartiere Borgo Po, ribadisce la volontà di trovare un'alternativa all'attuale soluzione. Lo zoo non può essere mantenuto nella sua attuale collocazione. Sull'utilizzo dell'area si pronuncerà il Consiglio di Circoscrizione: un parco, magari con qualche struttura sportiva, sembra però la soluzione migliore. Primo ad aver richiesto fermamente l'abolizione dello zoo fu, oltre due anni fa, i1 consigliere de Sergio Galotti: E' una struttura anacronistica — ribadisce ora — che costringe gli animali a vivere in situazioni allucinanti e costituisce uno spettacolo diseducativo ed incivile per le giovani generazioni-. Per il prof. Giusto Benedetti, direttore scientifico dello zoo, -che la convenzione venga o meno rinnovata è relativo: in caso negativo sarà la città di Torino a farsi carico dell'impianto. Una chiusura è comunque improponibile, piuttosto può essere sensato un trasferimento. Il giardino zoologico adesso è allo stretto: tre ettari sono pochi, l'ideale sarebbero una quarantina. Potremmo cosi creare recinti più ampi e zone per l'allevamento-. Dove potrebbe nascere un nuovo zoo? -Si è parlato di Stupinigi, della Mandria e delle Voliere. Le soluzioni più praticabili sono forse le prime due, ma è un problema che andrà analizzato nei dettagli-. Oggetto di studio dovrà essere anche la gestione economica dell'Impianto se è vero, come sostiene il dottor Sodaro, responsabile amministrativo della Molinar, -che l'anno scorso il giardino zoologico ha chiuso con un rosso di quasi trenta milioni-.

E poi l’epilogo:

22 marzo 1987 Rimangono 6 giorni alla chiusura dello zoo che era stato aperto 31 aa fa (1956): dice il direttore: 'Ricordo quando, il 20 ottobre 1955, i giornali con orgoglio lo chiamavano La città zoologica e lodavano il progetto avveniristico dell’ing. Gabriele Manfredi….



martedì 1 aprile 2014

Le indagini del Maresciallo Odasso. Il delitto della cava (parte seconda)

Da La Stampa del 14 Ottobre 1952 

AL PROCESSO PER IL DELITTO DI BUSSOLENO

 Un pubblico assai numeroso è accorso stamane in Corte di Assise per assistere alla prima udienza del processo a carico del manovale Vincenzo Nebulon di 46 anni, autore di un efferato delitto.- Egli è infatti accusato di aver ucciso la propria amante, la sessantenne Libera Danese seppellendone poi il cadavere in una grotta nel pressi di Bussoleno. La precisa imputazione della quale deve rispondere il Nebulon è di omicidio premeditato a scopo di rapina, con l'aggravante dell'occultamento della salma. Lo difendono gli avvocati De Marchi e Delgrosso. In apertura di udienza il presidente dott. Aubert ha fatto alla Corte un breve riassunto del fatto. Il delitto venne scoperto quasi per caso nel marzo del 1949. Il contadino Davide Plano che ogni mattina percorreva un sentiero della montagna sopra. Bussoleno, dovette fermarsi in una cava ormai abbandonata. Con sua sorpresa notò alcune chiazze di sangue che segnavano quasi una striscia sul terreno fino all'ingresso di una grotta chiusa dà poco tempo con sassi e terriccio. Osservando meglio, il Piano scorse anche la scarpetta di una donna, pure macchiata di sangue. Certo di trovarsi di fronte a qualcosa di criminoso, il contadino corse immediatamente ad avvertire i carabinieri i quali, nella stessa giornata, procedettero a scvare nella grotta. Dopo qualche ora di febbrile lavoro il carpentiere Cipriano Tonda, che partecipava alle operazioni, trasse alla luce il cadavere di una donna con il cranio fracassato e la bocca piena di terriccio. Attraverso le impronte digitali la polizia scientifica identificò la morta in Libera Danese vedova Meneghelli, d'anni 60, abitante invia della Basilica 4 e schedata nell'archivio della Questura tra le donne di facili costumi. Nel suo interrogatorio l'imputato, un nomo dalla corporatura atletica, non ha in sostanza modificato le dichiarazioni già rese con la sua confessione. Durante la primavera del 1960 egli, aveva conosciuto la Danese che abitava in una soffitta di via Basilica. Per qualche tempo vissero insieme e poi la donna manifestò il desiderio di trasferirsi, con il Nebulon a Bussoleno. Questa decisione non piacque al manovale che, separato dalla moglie, dimorante appunto a Bussoleno, voleva evitare il pericolo di uno scandalo.”Cercai in ogni modo di dissuadere la donna” ha detto l'imputato e poi, quando appresi che in quel giorno — era il 27 marzo — si sarebbe recata a Bussoleno, fui costretto a raggiungerla. C'incontrammo alla stazione. La Danese recava con sè una valigetta di cui ignoravo il contenuto. Giungemmo cosi nella zona di Calusetto in prossimità della cava. Io perdetti la calma, afferrai un sasso e colpii ripetute volte la donna al capo finché la vidi stramazzare al suolo, immobile. Poi,- spaventato la trascinai per i capelli nell'interno della cava e ne nascosi il cadavere sotto un mucchio di pietre e terriccio. Gettai la valigetta nel folto di un cespuglio. 

2 Martedì 14 Ottobre 1952 LA NUOVA STAMPA
"Esasperato dal litigio presi una pietra e picchiai la donna finchè cadde morta
 Il processo in Corte di Assise per l'omicidio della mondana a Bussoleno 

Oggi l'assassino conoscerà la sua sorte Alla fine di marzo del 1950 veniva casualmente scoperto in una cava di pietre presso Bussoleno il cadavere di una donna più tardi identificata nella sessantenne Libera Danese, libera, oltreché di nome, anche di costumi nonostante l'età. Lunghe e difficili furono le indagini per individuare l'assassino: assai più a lungo durò l'istruttoria soprattutto perchè il giudice non aveva la possibilità di provare con elementi inconfutabili il movente del delitto che — per indizi e per circostanze indirette — appariva tuttavia essere stato compiuto a scopò di rapina. L'omicida. Vincenzo Nebulon di 46 anni, operaio, venne però ugualmente rinviato a giudizio della Corte d'Assise con l'imputazione di omicidio commesso per impossessarsi del denaro della vittima. Il processo ha avuto inizio ieri. Dichiarata aperta l'udienza il presidente dott. Aubert. prima di interrogare l'imputato, ha dato lettura dei verbali contenenti le dichiarazioni da lui fatte alla polizia ed al giudice istruttore. Dai documenti risulta che uccise la sciagurata durante un aspro litigio. La Danese voleva andare a convivere con lui a Bussoleno in una casetta che egli possedeva: l'imputato non voleva saperne della decisione della donna poiché a Bussoleno risiedeva pure sua moglie e temeva — nonostante fosse da lei separato da circa 7 mesi — che nascesse uno scandalo. Dalle parole si passò a vie di fatto: la vecchia mondana colpi il Nebulon ad un occhio e lo graffiò: egli perse la testa: raccolse una grossa pietra e con quella picchiò sul capo della donna fino a quando cadde a terra inanimata . L'imputato, uomo dalla robusta costituzione, ha ascoltato tranquillo, la lettura dei verbali. Quando Il Presidente lo ha interrogato con tono ugualmente tranquillo ha risposto alle domande. Aveva conosciuto la Danese — che abitava in una soffitta di via Basilica 4 — poco tempo prima. Vissero insieme con perfetto accordo; avevano intenzione di prendere in gerenza una bottiglieria poichè la mondana voleva ritirarsi dalla professione. Gli screzi fra loro nacquero quando la Danese manifestò il desiderio di andare a vivere a Bussoleno. « Cercai di dissuaderla — ha detto il Nebulon — ma sembrava irremovibile. Il 27 marzo seppi che si era recata al paese; salii sul treno successivo e la raggiunsi. Ci incontrammo alla stazione; la Danese aveva con sé una valigetta; la presi e la portai a casa mia mentre lei attendeva al caffè delle Alpi. Poi discutendo e litigando ci avviammo verso la cava nella zona di Calusetto. Ad un tratto persi la calma e la colpii ripetutamente con una pietra; poi spaventato trascinai il colpo nell'interno della cava e lo nascosi sotto un mucchio di pietre — Pres. : Come mal non è stata trovata traccia delle 400 mila lire che la donna aveva con sè? Le aveva ricavate pochi giorni prima dalla vendita di un suo alloggetto in via Principe Amedeo. — Imp.: Non ne so nulla; io presi soltanto 800 lire contenute nella sua borsetta. Ha avuto quindi inizio la sfilata dei testi : il fratello e la sorella della morta che hanno riferito quanto denaro approssimativamente aveva la loro congiunta; il maresciallo dei carabinieri Odasso che iniziò le prime indagini dopoché il carpentiere Cipriano Tonda estrasse il cadavere di sotto il cumulo di pietre: il commissario di P. S. dott. Fiumano — al quale II Presidente ha fatto gli elogi per la brillante condotta delle indagini; conoscenti e amici dell'uccisa — fra i quali un ottantaquattrenne che con le sue risposte spassose ha suscitato un po' di buon umore — e dell'omicida. I difensori avvocati De Marchi e Delgrosso hanno fatto dedurre una serie di testi — fra i quali il cappellano delle carceri ed un compagno di cella del Nebulon — che hanno messo in luce tratti buoni ed umani del carattere dell'imputato: ciò al fini della eventuale concessione delle attenuanti generiche. Stamane il P. M. dott. Prosio pronuncerà la requisitoria ed in giornata si avrà la sentenza. 1951