Da La Stampa del 14 Ottobre 1952
AL PROCESSO PER IL DELITTO DI BUSSOLENO
Un pubblico assai numeroso è accorso stamane
in Corte di Assise per assistere alla prima udienza del processo a carico del
manovale Vincenzo Nebulon di 46 anni, autore di un efferato delitto.- Egli è
infatti accusato di aver ucciso la propria amante, la sessantenne Libera Danese
seppellendone poi il cadavere in una grotta nel pressi di Bussoleno. La precisa
imputazione della quale deve rispondere il Nebulon è di omicidio premeditato a
scopo di rapina, con l'aggravante dell'occultamento della salma. Lo difendono
gli avvocati De Marchi e Delgrosso. In apertura di udienza il presidente dott.
Aubert ha fatto alla Corte un breve riassunto del fatto. Il delitto venne
scoperto quasi per caso nel marzo del 1949. Il contadino Davide Plano che ogni
mattina percorreva un sentiero della montagna sopra. Bussoleno, dovette
fermarsi in una cava ormai abbandonata. Con sua sorpresa notò alcune chiazze di
sangue che segnavano quasi una striscia sul terreno fino all'ingresso di una
grotta chiusa dà poco tempo con sassi e terriccio. Osservando meglio, il Piano
scorse anche la scarpetta di una donna, pure macchiata di sangue. Certo di
trovarsi di fronte a qualcosa di criminoso, il contadino corse immediatamente
ad avvertire i carabinieri i quali, nella stessa giornata, procedettero a scvare
nella grotta. Dopo qualche ora di febbrile lavoro il carpentiere Cipriano
Tonda, che partecipava alle operazioni, trasse alla luce il cadavere di una donna
con il cranio fracassato e la bocca piena di terriccio. Attraverso le impronte
digitali la polizia scientifica identificò la morta in Libera Danese vedova Meneghelli,
d'anni 60, abitante invia della Basilica 4 e schedata nell'archivio della
Questura tra le donne di facili costumi. Nel suo interrogatorio l'imputato, un
nomo dalla corporatura atletica, non ha in sostanza modificato le dichiarazioni
già rese con la sua confessione. Durante la primavera del 1960 egli, aveva
conosciuto la Danese che abitava in una soffitta di via Basilica. Per qualche
tempo vissero insieme e poi la donna manifestò il desiderio di trasferirsi, con
il Nebulon a Bussoleno. Questa decisione non piacque al manovale che, separato
dalla moglie, dimorante appunto a Bussoleno, voleva evitare il pericolo di uno
scandalo.”Cercai in ogni modo di dissuadere la donna” ha detto l'imputato e
poi, quando appresi che in quel giorno — era il 27 marzo — si sarebbe recata a
Bussoleno, fui costretto a raggiungerla. C'incontrammo alla stazione. La Danese
recava con sè una valigetta di cui ignoravo il contenuto. Giungemmo cosi nella
zona di Calusetto in prossimità della cava. Io perdetti la calma, afferrai un
sasso e colpii ripetute volte la donna al capo finché la vidi stramazzare al
suolo, immobile. Poi,- spaventato la trascinai per i capelli nell'interno della
cava e ne nascosi il cadavere sotto un mucchio di pietre e terriccio. Gettai la
valigetta nel folto di un cespuglio.
2 Martedì 14 Ottobre 1952 LA NUOVA STAMPA
"Esasperato dal
litigio presi una pietra e picchiai la donna finchè cadde morta
Il processo in Corte
di Assise per l'omicidio della mondana a Bussoleno
Oggi l'assassino conoscerà la sua
sorte Alla fine di marzo del 1950 veniva casualmente scoperto in una cava di
pietre presso Bussoleno il cadavere di una donna più tardi identificata nella
sessantenne Libera Danese, libera, oltreché di nome, anche di costumi
nonostante l'età. Lunghe e difficili furono le indagini per individuare
l'assassino: assai più a lungo durò l'istruttoria soprattutto perchè il giudice
non aveva la possibilità di provare con elementi inconfutabili il movente del
delitto che — per indizi e per circostanze indirette — appariva tuttavia essere
stato compiuto a scopò di rapina. L'omicida. Vincenzo Nebulon di 46 anni,
operaio, venne però ugualmente rinviato a giudizio della Corte d'Assise con
l'imputazione di omicidio commesso per impossessarsi del denaro della vittima.
Il processo ha avuto inizio ieri. Dichiarata aperta l'udienza il presidente
dott. Aubert. prima di interrogare l'imputato, ha dato lettura dei verbali
contenenti le dichiarazioni da lui fatte alla polizia ed al giudice istruttore.
Dai documenti risulta che uccise la sciagurata durante un aspro litigio. La
Danese voleva andare a convivere con lui a Bussoleno in una casetta che egli
possedeva: l'imputato non voleva saperne della decisione della donna poiché a
Bussoleno risiedeva pure sua moglie e temeva — nonostante fosse da lei separato
da circa 7 mesi — che nascesse uno scandalo. Dalle parole si passò a vie di
fatto: la vecchia mondana colpi il Nebulon ad un occhio e lo graffiò: egli
perse la testa: raccolse una grossa pietra e con quella picchiò sul capo della
donna fino a quando cadde a terra inanimata . L'imputato, uomo dalla robusta
costituzione, ha ascoltato tranquillo, la lettura dei verbali. Quando Il
Presidente lo ha interrogato con tono ugualmente tranquillo ha risposto alle
domande. Aveva conosciuto la Danese — che abitava in una soffitta di via
Basilica 4 — poco tempo prima. Vissero insieme con perfetto accordo; avevano
intenzione di prendere in gerenza una bottiglieria poichè la mondana voleva
ritirarsi dalla professione. Gli screzi fra loro nacquero quando la Danese
manifestò il desiderio di andare a vivere a Bussoleno. « Cercai di dissuaderla
— ha detto il Nebulon — ma sembrava irremovibile. Il 27 marzo seppi che si era
recata al paese; salii sul treno successivo e la raggiunsi. Ci incontrammo alla
stazione; la Danese aveva con sé una valigetta; la presi e la portai a casa mia
mentre lei attendeva al caffè delle Alpi. Poi discutendo e litigando ci
avviammo verso la cava nella zona di Calusetto. Ad un tratto persi la calma e
la colpii ripetutamente con una pietra; poi spaventato trascinai il colpo
nell'interno della cava e lo nascosi sotto un mucchio di pietre — Pres. : Come
mal non è stata trovata traccia delle 400 mila lire che la donna aveva con sè?
Le aveva ricavate pochi giorni prima dalla vendita di un suo alloggetto in via
Principe Amedeo. — Imp.: Non ne so nulla; io presi
soltanto 800 lire contenute nella sua borsetta. Ha avuto quindi inizio
la sfilata dei testi : il fratello e la sorella della morta che hanno riferito
quanto denaro approssimativamente aveva la loro congiunta; il maresciallo dei
carabinieri Odasso che iniziò le prime indagini dopoché il carpentiere Cipriano
Tonda estrasse il cadavere di sotto il cumulo di pietre: il commissario di P.
S. dott. Fiumano — al quale II Presidente ha fatto gli elogi per la brillante
condotta delle indagini; conoscenti e amici dell'uccisa — fra i quali un
ottantaquattrenne che con le sue risposte spassose ha suscitato un po' di buon
umore — e dell'omicida. I difensori avvocati De Marchi e Delgrosso hanno fatto
dedurre una serie di testi — fra i quali il cappellano delle carceri ed un
compagno di cella del Nebulon — che hanno messo in luce tratti buoni ed umani
del carattere dell'imputato: ciò al fini della eventuale concessione delle
attenuanti generiche. Stamane il P. M. dott. Prosio pronuncerà la requisitoria
ed in giornata si avrà la sentenza. 1951
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