La storia del giardino zoologico di Torino si dipana nell'arco di poco più di trenta'anni dal 1955 al 1987. La sua nascita avviene nel 1955 quando la Giunta comunale delibera di concedere la zona del Parco Michelotti, per trent’anni, alla Società Molinar. La scelta del luogo viene fatta dopo aver preso in considerazione altre aree scartate, come nel caso del Giardino Ginzburg, per non oscurare la prospettiva del Monte dei Cappuccini. Per chi desiderasse approfondire il tema suggerisco il seguente link
http://enzocontini.wordpress.com/2013/01/17/lo-zoo-di-torino-nel-parco-michelotti-dal-20101955-al-3131987/
Di seguito le vicende del giardino zoologico desunte dagli articoli de La Stampa dalla sua nascita nel 1955 alla chiusura nel 1987
15 Gennaio 1955
Dopo la decisione
presa dal Comune. Si cerca un giardino per la sede dello Zoo.
Il parere del soprintendente ai Monumenti e alle Belle Arti:
non guastare il panorama caratteristico, il Monte dei Cappuccini. Non v’è dubbio che una delle decisioni più
simpatiche e popolari prese di recente dall'amministrazione civica sia stata
quella di dotare Torino d'un giardino zoologico, accettando una nota proposta
privata. Cosi poco pittoresca è la vita contemporanea in una grande città, così
tediose e monotone sono le giornate malgrado il tumulto delle cose e dei casi
straordinari — anzi, proprio per questo, perché nulla v'è di più malinconico
del non potersi più stupire, nel male e nel bene —, che l'idea degli elefanti e
delle tigri, degli orsi e dei pitoni, delle scimmie e dei marabù sulle rive del
Po, ridestò in tutti, grandi e piccini, fantasie liete, colorite di esotismo.
Benvenute dunque le belve, quando giungeranno in questa nordica e nebbiosa
Torino. Dove ospitarle, dove crear loro,
così la dimora, l'illusione della selva, del deserto, del fiume questa scelta, il Municipio l'ha fatta. Tra i vari
luoghi che la città offre, sulla sponda del Po, a ponente di corso Moncalieri e
a breve distanza dalla Gran Madre di Dio, fra la villetta della Società
canottieri «Esperia» ed il grande edificio del Centro ricreativo Fiat, si stende
un terreno lievemente ondulato di forse trecento metri per ottanta, con qualche
albero annoso, sistemato con decoro a zone erbose, vialetti, giovani alberelli,
con al centro un piazzale per giochi sportivi. E' il Giardino Leone Ginzburg,
nome caro alla memoria di tutti gli spiriti liberi e colti. I nostri padri
coscritti hanno detto: Ecco il luogo ideale; il puma riudirà il mormorio delle
correnti amazzonie, il giaguaro risognerà l'agguato dell’alligatore. Hanno dimenticato un
particolare: che proprio sopra il Giardino Ginzburg, al di là del
Corso Moncalieri. s'alza boscosa — precisiamo, in via di rimboschimento — la
costa del Monte dei Cappuccini; e che questa deliziosa, impareggiabile, e tanto
caratteristica architettura torinese, per metà naturale e per metà
creazione dell'uomo, offre la sua visuale più bella e completa, serena,
armoniosa, col nitido poliedro della chiesa del Vittozzi e il lungo fianco del
convento, dal nobile ingresso di corso
Cairoli, sull’opposta riva del nostro caro fiume. A questa incantevole e stampa
antica bavarese serve di ben composta base, raccolta e amena, appunto il
Giardino Ginzburg, ultimo lembo di terra, su codesta sponda, libero ancora
d'intruse presenze di fabbricati. Perchè di fabbricati, quantunque di ridotte
dimensioni, necessiterà pure il nuovo giardino zoologico; gli elefanti, ad
esempio, vogliono una loro casa, esigono <casette> le più freddolose
fiere; poi ci saranno rocce artificiali, gabbie, steccati, reti, pali e piloni.
Sappiamo che l'architetto Manfredi, incaricato di studiare la sistemazione, ha
fatto miracoli, da quell'intelligente progettista che è; ma sappiamo anche che
non si tengono leoni e tigri come conigli; e allora addio al fianco aprico del
nostro bel Monte, già guastato da quello stupido piazzaletto-fontana. Proprio è
obbligatorio, a Torino, alterare i più tipici aspetti locali? Si effettuerà la
minaccia all'antica Bastita, il famoso <castelletto del Po>, cui il
giovane duca Carlo Emanuele, dopo averlo comprato dai conti Scaravelli,
ascendeva nel 1583 — con il corteo recante la gran croce di legno — per donarlo
ai Padri Cappuccini? Di questo proposito è impensierito il soprintendente ai
monumenti prof. Chierici, cui spetta anche la tutela del paesaggio torinese.
Come non esserlo? Basta immaginarne le conseguenze; e con lui è d'accordo il
prof. Giorgio Rosi, ispettore centrale della Direzione Antichità e Belle Arti.
Si dirà: i soliti guastafeste, coi loro bastoni da gettar nelle ruote d'ogni
idea accolta con favore. Nessuna festa da guastare: basta non guastare, invece,
e irrimediabilmente, uno dei pochi panorami caratteristici che restano a
Torino. Chi penserebbe, a Parigi, di toccare i dintorni del Pont Neuf, di
disturbare la quiete della Pointe du Vert-Galant? La vera civiltà, che è sempre
gusto e cultura, è fatta anche di queste minuzie. Allora, niente giardino
zoologico? Manco per sogno. Ci sono altri luoghi: il Parco Michelotti, ad
esempio, nei pressi del ponte Regina Margherita. Nessuno più di noi strenuo
difensore del Valentino; ma, scelto bene il punto, le belve ci potrebbero
stare. Poi c'è la zona, che sarà tutta giardinata, di corso Polonia. Lontana?
L'elefante Annone di papa Leone X era la mascotte del popolo romano.
Il popolo torinese non farà una passeggiata per vedere il suo elefante?
2 marzo 1955
Le partenze di Arduino e Sandro Terni per una spedizione
nelle foreste Caccia per lo «Zoo». Il serraglio di Torino sarà il più moderno
d'Europa
Per la costruzione
del giardino zoologico, pronto secondo le previsioni entro luglio di
quest'anno, i tecnici devono risolvere sempre nuovi problemi. Approvato il
progetto che l'8 marzo sarà presentato al Consiglio Comunale, discussa la
sistemazione, iniziate le prime delimitazioni sul terreno del parco Michelotti,
si comincia orai a parlare degli animali. Una popolazione di 2000 unità non è
facile da riunire tenendo conto delle migliaia di chilometri che separano il
luogo di nascita di leoni e leopardi da quello dei pinguini o degli orsi
polari. Ma gli organizzatori non si spaventano delle distanze, nè delle
difficoltà. Fra meno di un mese cacciatori ed esperti partiranno da Torino per
i quattro angoli del mondo. Primo fra tutti, come è naturale, sarà Arduino
Terni, l'uomo che da parecchi lustri vive cercando e allevando, con l'amore del
collezionista, animali di ogni latitudine ed è stato uno dei migliori
collaboratori dei fratelli Molinar nel nome da quali continua a lavorare.
<Non posso dirvi nulla per ora dello Zoo di Torino — ci ha detto stamane nel
suo ufficio di via Goldoni — una cosa è certa: sarà fra i più belli e quasi
certamente uno dei più moderni d'Europa. Poche gabbie, molta libertà per gli
animali: questo è il nostro motto. Terni sta preparando qualche grossa sorpresa
per lo zoo di Torino. Fra pochissimo tempo andrà in Birmania a raggiungere il
figlio Sandro diciottenne, partito anch'egli alla caccia di elefanti. Oltre ai grossi pachidermi arriveranno sulle
rive dei Po dall'Oriente tigri malesiane, orsi, serpenti dalle lunghe schiene
striate. E, forse, il rinoceronte indiano. Sono animali ormai rarissimi, quasi
introvabili — racconta Terni — un tempo gli indigeni li uccidevano senza pietà
per prendere il loro unico corno da cui traevano una sottilissima polvere
inebriante, Nel '52 ho partecipato ad una battuta di caccia contro questo
strano rinoceronte. Un’avventura piena di emozioni. Abbiamo impiegato un mese e
mezzo per portare l'enorme bestione pesante 22 quintali, in una fossa pantanosa
di dove si poteva farlo entrare, senza ferirlo, in gabbia. Il nuovo giardino
sarà ricco anche di belve feroci: un collaboratore di Arduino Terni sta
girando, in questo momento, le foreste dell'Africa equatoriale per catturare
leoni, tigri, pantere, puma, ippopotami. Fenicotteri palmipedi, rapaci, uccelli
tropicali, serpenti saranno presenti, come in ogni zoo che sia degno dir questo
nome, anche nel giardino di Torino. Poiché noi vogliamo accontentare i gusti
del pubblico ci porteremo anche numerose scimmie, orsi e foche, gli animali più
amati dai visitatori, i veri incontrastati divi degli zoo di tutto il mondo.
3 giugno 1955
Arrivano le belve. A Parco Michelotti si lavora alacremente
per portare a termine la costruzione di gabbie, recinti, fontane. Gli animali
saranno ospitati provvisoriamente allo zoo di Milano.
18 luglio 1955
Arrivano i primi ospiti. Leoncini e scimmie entrano nel giardino
zoologico. Il Sindaco in visita al cantiere.
2 settembre 1955
La firma per lo Zoo. A mezzogiorno è stato firmato l'atto di
nascita dello Zoo di Torino. Il signor Terni, amministratore della ditta Molinar,
si e recato dal Sindaco e in sua presenza ha siglato la convenzione. Il
giardino zoologico, uno dei più piccoli e più belli d'Europa, sarà aperto alla
fine di settembre. Le scolaresche avranno ingresso libero, il prezzo del
biglietti sarà di 100 lire per gli adulti e 5O per militari e ragazzi.
20 Ottobre 1955
Sarà inaugurata nel
pomeriggio dal Sindaco la città zoologica al parco Michelotti. I vigili del fuoco alla caccia di un pellicano
fuggito nella notte. Da oggi pomeriggio Torino avrà un suo zoo: un pizzico di jungla
nel Parco Michelotti, una delle zone più suggestive del lungo Po. Sarà uno zoo
modesto nelle proporzioni, ma il più moderno di tutta Europa. Stamane
arriveranno gli ultimi ritardatari: un orso bruno, regalo dello zoo di Vienna,
decine di uccelli esotici e numerose scimmie. Poi il Parco sarà al completo,
pronto per la cerimonia inaugurale che si svolgerà alle ore 16 con la presenza
del Sindaco avv. Peyron e di altre autorità. Lo zoo (il progetto è opera
dell'ing. Gabriele Manfredi) si vale di una costruzione geniale che unisce alla
razionalità degli impianti, una moderna eleganza di linee: le gabbie, le
vasche, le abitazioni notturne, le isole degli anfibi hanno fisionomie del
tutto diverse da quelle che hanno sempre caratterizzato tali impianti. Le
recinzioni, nel limite del possibile, sono ridotte al minimo, grazie anche a
particolari accorgimenti i quali, mentre non consentono alcuna possibilità di
fuga agli animali, danno al pubblico la impressione di vederli nella loro vita
di libertà. Il terreno è variamente movimentato e i sinuosi tracciati
muovendosi anche in altezza offrono una prospettiva sempre varia. Le bestie che
popolano questa minuscola loro città sono alcune centinaia. Le specie
rappresentate sono numerosissime, ma mancano i rettili e i pachidermi che
potranno essere ospitati dallo zoo quando le possibilità finanziarie (l'opera
fino ad ora è costata 8O milioni) permetteranno di realizzare anche la seconda
parte del progetto la quale comprende la casa per i pachidermi, la voliera
magica per gli uccelli tropicali e il terrarium per i rettili. Fra gli animali ospiti dello zoo sono un
bisonte europeo regalato al sindaco di Torino dal collega di Roma, tre orsi
lavatori offerti dallo zoo di Monaco, tre cervi dello zoo di Basilea, un
leopardo mandato in regalo dallo zoo di Colonia. L'elenco degli altri presenti
sarebbe lunghissimo; ne citeremo alcuni a caso: cinque leoni, due puma, due
leopardi, dieci canguri, due lama, due tigri, una pantera nera, due orsi
polari, tre cervi, un elefante, quattro otarie, quattro pellicani, cinque
zebre, cento palmipedi, dodici pinguini, quattro struzzi, centinaia di scimmie
e centinaia di uccelli delle specie più rare e dai colori più sgargianti. Il
giardino sarà diretto dal signor Arduino Terni, un veterano nel campo
zoologico, che ha al suo attivo vent'anni di Asia dedicati alla cattura e alla
raccolta degli animali esotici. Un altro personaggio importantissimo per la
città zoologica è il veterinario, che terrà sotto controllo tutti gli animali.
Già in questi giorni ne ha due in cura: un'otaria e un pellicano. I’otaria, che
è della famiglia delle foche, ha sofferto durante il lungo viaggio di
trasferimento dai mari del Nord a Torino: è rimasta circa 33 ore senza potersi
tuffare nell'acqua e questa astinenza le ha procurato disturbi che si sono
palesati al suo arrivo con inappetenza e con il desiderio di rimanere nella
tana anziché godere della magnifica piscina azzurra a disposizione sua e delle
compagne. Adesso ogni mattina il veterinario fa all'otaria ammalata una
iniezione e imbottisce di pillole una delle tante sardine che le sono destinate
per pasto. Il pellicano è malato per una brutta avventura che egli stesso ha
voluto vivere. Appena giunto allo zoo, approfittando del fatto che il suo
recinto non era ancora ultimato, riusciva a fuggire e si rifugiava nel Po,
sotto il ponte Regina, dove rimaneva per tutta la notte. L'indomani mattina,
quando i pompieri, in barca, cercavano di awicinarglisi, riusciva ad
allontanarsi nuovamente. Più tardi veniva raggiunto e catturato; ma aveva
un'ala colpita da una scarica di pallini tiratagli evidentemente da un
cacciatore poco scrupoloso. Nel giardino zoologico un ampio settore è dedicato
alle scimmie. Nelle giornate estive o comunque non fredde le scimmie potranno
stare all'aperto in un'ampia isola al centro di un pozzo di cemento di una
ventina di metri di diametro e profondo circa tre. Ai visitatori, che seguendo
un percorso in salita si affacceranno alla sommità del pozzo, gli agili animali
daranno lo spettacolo dei loro giochi: l'isola è infatti una specie di luna
park, con ruota della fortuna, giostra, sbarra e altalena. Un'altra originale
costruzione all'interno dello zoo è quella della « casa dei leoni e delle tigri,
la quale fa spicco per i quattro alti coni di cemento e vetro che sovrastano le
gabbie e alla cui sommità sono installati gli aeratori, I coni di vetro daranno
luce di giorno nelle gabbie e di notte, illuminati, saranno visibili dall'altre
Po. Il quadro scenografico del giardino è completato, oltreché dalle rocce che
delimitano i settori degli orsi e delle otarie, dalle piantagioni che, quando
raggiungeranno il loro pieno vigore, daranno un aspetto di vera jungla
all'insieme dello zoo. Ai fanciulli che con impazienza aspettano l’apertura del
giardino sarà riservata una sorpresa: essi dovranno rispondere a un referendum
per dare il nome all'unico elefante dello zoo che é arrivato al Michelotti
nella mattinata di ieri dalla Birmania.
7 agosto 1956
6 marzo 1957
Addentato da un orso un guardiano dello zoo. Guaribile in 12
giorni.
17 agosto 1958
Cinque scimmie fuggono dallo zoo e dagli alberi bombardano i
passanti
28 febbraio 1962
Bloccano il traffico in Borgo Po 23 scimmie evase dallo Zoo.
29 gennaio 1971
I leoni dello zoo se
ne vanno. Previsto il trasferimento di
una parte del giardino zoologico a Stupinigi
Lo zoo del Parco Michelotti ospita attualmente 117
mammiferi, 739 uccelli, 114 rettili e 1353 pesci su una superficie quadrata di
50.000 metri. Uno zoo medio ormai insufficiente per una metropoli quale vuole
essere Torino. Per questo il sindaco si è preoccupato di trovare una nuova
sistemazione nel parco di Stupinigi. Qui sarà possibile aumentare il numero
degli animali con nuove specie e creare un moderno parco zoologico in cui siano
abolite le sbarre e gli animali possano vivere in un ambiente naturale e non
più completamente ricostruito. E' un nuovo orientamento già adottato in alcune
capitali europee, più piacevole per i visitatori che possono unire alla visita
l'occasione per una scampagnata. Ci sarà anche, sia pure in miniatura, la
possibilità di un safari fotografico. Un progetto in questo senso è già stato
preparato e verrà consegnato nei prossimi giorni ai competenti uffici comunali.
Nel Parco Michelotti resteranno soltanto gli impianti fissi con l'acquario, che
è ancora considerato fra i più moderni e completi d'Europa, una parte degli
uccelli e degli animali più domestici. Verrebbe cosi ridotto lo zoo del Parco
Michelotti e l'area lasciata libera diventerebbe verde pubblico con la
costruzione di aiuole e fontane per il gioco dei bambini. Questa soluzione
accontenterebbe tutti: chi asserisce che lo zoo del Parco Michelotti
rappresenta un'attrattiva nel centro della città e coloro (sono la maggioranza)
che sostengono la necessità di dare alla città un grande giardino zoologico
capace di aumentare ancora il richiamo che gli animali esercitano sulla
popolazione e sul turismo. Quando sarà realizzato il progetto? Impossibile
dirlo. I problemi sono molti. Oltre al reperimento dell'area dietro il castello
di Stupinigi sulla strada per Piossasco, è necessario creare tutti i servizi
primari (acqua, luce, telefono), costruire gli edifici per il ricovero degli
animali, le abitazioni dei guardiani, i recinti e creare l'habitat per le
singole specie della fauna da ospitare. Il piano di massima è già pronto e, se
approvato, potrà dare l'avvio al progetto esecutivo. Un'iniziativa che può contare
a Torino su tecnici preparatissimi come Terni e Molinari.
Tratto da: https://www.facebook.com/media/set/?set=a.612946318717365.1073741827.457641684247830&type=3
30 agosto 1972
L’ippopotamo dello zoo ucciso da una bambola. E’ un
esemplare femmina di 17 anni proveniente dalla Somalia. Da qualche giorno non
mangiava più e deperiva. All’autopsia trovata una testa di bambola
(probabilmente lanciata da una bambina) che aveva bloccato lo stomaco.
18 Febbraio 1978
I molti problemi e i moltissimi progetti del
Parco Michelotti
Lo zoo (in letargo) aspetta finanziamenti LUISELLA RE Al
parco Michelotti; il giardino zoologico si prepara ad uscire dal letargo
invernale. Proprio in questi giorni il cigno nero, «fingendo» di essere ancora
in Australia, cova le sue uova tra la neve invece che in mezzo alla sabbia
rovente. Intanto, mentre i procioni — ultimi arrivati — sono praticamente
ambientati, si finisce di preparare la gabbia destinata ai nuovi caprioli. «Ma
le novità più importanti sono altre, e riguarderanno pesci e rettili — anticipa
il vicedirettore Giusto Benedetti —. Uno zoo moderno ha scopi di divulgazione
naturalistica, ricerca scientifica, conservazione di specie rare, didattica.
Siamo piccoli, abbiamo pensato fosse meglio restringere gli obiettivi a
quest'ultimo settore, visto anche che qui arrivano più di 150 mila scolari ogni
anno. Da tutto ciò, le attuali ristrutturazioni». Da maggio, la piccola sala
superiore fino a ieri destinata ad una serie di acquari apparirà completamente
diversa. «Tre vasche mediterranee illustreranno la vita che si svolge ai
diversi livelli di profondità. In più, accanto ad alcuni esempi di acquari
"giusti" e di acquari "sbagliati", verranno esposti modelli
illustrativi delle varie fasi della riproduzione, delle leggi genetiche e di un
ecosistema: dei rapporti e degli equilibri, cioè, che caratterizzano un
determinato ambiente». Al piano sottostante, invece, due esperimenti portati
avanti con il gruppo biomarino Fias (Federazione attività subacquee) di Torino,
in primo, già in allestimento e che verrà probabilmente completato entro la
tarda primavera, consiste (ed è il primo tentativo del genere realizzato in
Italia), nella riproduzione artificiale di una biocenosi mediterranea. «In
parole povere, si tratta di mettere insieme tutti gli organismi che vivono in
natura in un certo habitat (nel caso specifico, nelle acque costiere della
Liguria), e di portarli ad un equilibrio di completa autosufficienza: con il
pesce grande che mangia il pesce piccolo; con il pesce piccolo che si
garantisce la sopravvivenza aumentando le sue capacità riproduttive, e così
via. Si tratta, ovviamente, di un'esperienza che esige un lungo rodaggio». A
farne le spese, per ora, sono stati soprattutto i paguri, decimati senza pietà.
Già a maggio, però, si spera che anemoni e cefaletti, oloturie e stelle marine,
pesci-ago, «gallinelle» e spirografi avranno raggiunto un ragionevole patto di
coabitazione. Secondo esperimento (questa volta a tempi necessariamente più
lunghi) quello relativo ad un nuovo, grande «paludario». Ospiterà libellule e
rane, bisce e ramarri, piante palustri e uccelli acquataci. Per completarlo,
bisognerà Lezione col leopardo aspettare circa un anno. «Nel frattempo —
sottolinea il direttore Terni — ci auguriamo di poter proseguire su questa
strada grazie anche ad appoggi esterni di cui fino ad ora siamo sempre stati
costretti a fare a meno. Questo zoo, com'è noto, dipende da una società privata
che in passato poteva contare su introiti legati all'importazione ed al
commercio di animali selvatici Ora però il vento è cambiato: i paesi
importatori hanno chiuso le frontiere, non possiamo più sostenere da soli un
onere finanziario tanto grande. Dì conseguenza speriamo che il Comune, il quale
da tempo dimostra di aver capito che uno zoo non è un baraccone da fiera ma può
diventare un istituto culturale con tutte le carte in regola, ci offra in
futuro qualcosa in più della sua amicizia». Un omaggio, a dire il vero, è già
stato offerto parecchi anni fa. Fu l'arrivo del professore di scienze Ernesto
Sbarsi, dislocato qui appunto dal Comune come «guida» per le scolaresche e come
responsabile delle attività culturali abbinate al settore della didattica.
Tocca a questo insegnante spiegare a decine di migliaia di ragazzi i segreti
dello zoo: il buon carattere della iena, i getti di sabbia con cui si difende
la lince, l'indole da «maschio latino» del ghepardo il quale, quasi per far
loro rabbia, si accoppia solo se in presenza di altri maschi. E tocca ancora a
lui, furibondo con le enciclopedie naturalistiche italiane («Testi orribili,
pieni di foto ma anche di errori mostruosi»), respingere per carenza di tempo e
di personale, almeno un trentesimo delle visite di scolaresche, almeno il 90
per cento delle insegnanti alla ricerca di una consulenza «che è ovviamente
gratuita, come l'ingresso offerto a tutte le scuole della città. Appunto a
Torino, patrocinato dall'istituto di antropologia, si terrà a maggio il secondo
congresso nazionale dei musei scientìfici naturalistici. Intanto (mentre nei
giorni scorsi i giornali di mezzo mondo hanno annunciato la «clamorosa
scoperta», in Nuova Zelanda, di alcuni gabbiani «Magenta Petrel» che si
ritenevano scomparsi da secoli e di cui l'unico esemplare (imbalsamato) che si
conosca, è ospitato nel museo zoologico torinese) si fanno sempre più concrete
le voci che anticipano un grande, completo Museo delle Scienze in programma su
iniziativa della Regione. Dice il prof. Sbarsi: «I ragazzi ai quali
"spiego lo zoo" non sono certo quelli che hanno buttato 33 chili di
pietre nella vasca delle otarie o che cercano di accecare gli animali in
gabbia, sono convinto che la strada per quella coscienza naturalistica e quel
rispetto verso l'ambiente che in Italia ci sono sempre mancati passi anche di
qui.
Ipotesi di chiusura. I tempi sono mutati. L'importazione di animali esotici ha subito severe restrizioni, segnando la fine di un businnes lucroso, la sensibilità ecologica verso il mondo animale si è affinata e l'animale dietro le sbarre non suscita più curiosità ma pena. Il giardino zoologico cittadino è economicamente in grave perdita e allo scadere della convenzione con la Ditta Molinar, risulta improponibile per le casse comunali l'accollarsi di un deficit così oneroso così come il riscatto di animali di cui non si sa più cosa fare.....
10 Dicembre 1985
Si riunisce la commissione che deciderà la sua sorte Ultimi
giorni per lo zoo
Entro fine mese scade la convenzione tra il Comune e la
ditta che lo gestisce - Tre ipotesi: ristrutturazione dell'impianto (la meno
probabile), trasferimento o totale abolizione - Molti auspicano un territorio
ampio e senza gabbie, che ospiti solo animali di queste latitudini Ore contate
per lo zoo? Ne discuterà giovedì la Commissione consiliare costituita
nell'ottobre scorso dalla Giunta municipale con l'obiettivo di giungere
rapidamente ad una decisione. La convenzione fra i1 Comune e la ditta Molinar,
che da trent’anni gestisce i1 Giardino
zoologico, scade infatti i1 31 dicembre mentre l'impianto, che conta ogni anno
circa 320.000 visitatori, è in cattive condizioni e necessita di interventi
radicali. Si è dunque alla vigilia di scelte Importanti, con tre soluzioni
possibili: rinnovo della convenzione (che dovrà prevedere vasti lavori di
ristrutturazione), trasferimento dell'impianto in altra sede oppure abolizione
dello zoo. L'ipotesi del rinnovo è, al momento, la meno probabile. Quasi tutte
le forze politiche sono d'accordo che l'area del parco Mlchelotti venga
destinata ad altro uso. Il plano regolatore prevede che debba diventare un
parco pubblico. Ampio credito trova invece, l'ipotesi del trasferimento, ma non
mancano vigorose pressioni per la chiusura totale. Sarebbe un atto di civiltà —
spiega l'assessore al verde Marziano Marzano — un modo per scrollarsi di dosso
retaggi che risalgono all'impero romano, rinvigoriti dopo il colonialismo, ma
ora fuori dei tempi. Lo zoo, come è concepito attualmente, non va bene.
Violenze ai danni degli animali sono incontestabili. Basti pensare a predatori
e predati costretti a vivere a contatto di vista e di odori. I bambini
avrebbero poco da perdere: lo zoo offre loro un'immagine distorta della realtà.
Non va tenuto aperto solo per il fatto che si vendono molti biglietti. C'è già
una precisa idea sul riutilizzo dell'area: -Potrebbe, nascere un parco
naturalistico con le strutture murarie già esistenti usate per ospitare piante
rare ed un cinematografo, inserito nel normale contesto della programmazione ma
specializzato nella programmazione di pellicole a tema ecologico-. L'ingegner
Luigi Momo, presidente del quartiere Borgo Po, ribadisce la volontà di trovare
un'alternativa all'attuale soluzione. Lo zoo non può essere mantenuto nella sua
attuale collocazione. Sull'utilizzo dell'area si pronuncerà il Consiglio di
Circoscrizione: un parco, magari con qualche struttura sportiva, sembra però la
soluzione migliore. Primo ad aver richiesto fermamente l'abolizione dello zoo
fu, oltre due anni fa, i1 consigliere de Sergio Galotti: E' una struttura
anacronistica — ribadisce ora — che costringe gli animali a vivere in
situazioni allucinanti e costituisce uno spettacolo diseducativo ed incivile
per le giovani generazioni-. Per il prof. Giusto Benedetti, direttore
scientifico dello zoo, -che la convenzione venga o meno rinnovata è relativo:
in caso negativo sarà la città di Torino a farsi carico dell'impianto. Una
chiusura è comunque improponibile, piuttosto può essere sensato un
trasferimento. Il giardino zoologico adesso è allo stretto: tre ettari sono
pochi, l'ideale sarebbero una quarantina. Potremmo cosi creare recinti più ampi
e zone per l'allevamento-. Dove potrebbe nascere un nuovo zoo? -Si è parlato di
Stupinigi, della Mandria e delle Voliere. Le soluzioni più praticabili sono
forse le prime due, ma è un problema che andrà analizzato nei dettagli-.
Oggetto di studio dovrà essere anche la gestione economica dell'Impianto se è
vero, come sostiene il dottor Sodaro, responsabile amministrativo della
Molinar, -che l'anno scorso il giardino zoologico ha chiuso con un rosso di
quasi trenta milioni-.
E poi l’epilogo:
22 marzo 1987
Rimangono 6 giorni alla chiusura dello zoo che era stato aperto 31 aa fa (1956):
dice il direttore: 'Ricordo quando, il 20 ottobre 1955, i giornali con orgoglio
lo chiamavano La città zoologica e lodavano il progetto avveniristico dell’ing.
Gabriele Manfredi….