sabato 5 marzo 2016

Torino 1859-1862. La Società del Whist, i balli e altro nella Torino dell' Unità

Come ai tempi in cui Jean Jaques Rousseau si aggirava per le strade solitarie della Torino del settecento, poco o nulla è cambiato nella fisionomia urbanistica tormentata della città. Anch'io girovagando per le stradine attorno alla via Doragrossa, ho potuto scorgere ad una finestra la figura rispettabile di una anziana vedova dei tempi di Carlo Felice che di sicuro aveva danzato nei palazzi divenuti poi sede di un prefetto di Napoleone..... Ho per Torino una tenerezza particolare. I miei più cari ricordi datano del tempo in cui abitai in questa città. Là, nella calma dello spirito, passarono stagioni felici, anche se quegli anni dal 1859 al 1862 furono anni assai turbolenti per la città in quanto tutti gli esiliati del paese compresi i rifugiati da Napoli, si stabilirono qui. Lungo i portici di via Po, al caffè Florio e nel gabinetto di Cavour si posero le basi dell'unità d'Italia. La guerra del '59 affrettò senz'altro questo processo. Ma finchè la capitale del nuovo regno fu a Torino, la fisionomia della vecchia città non mutò di molto. La bonomia, la semplicità e la rudezza dei piemontesi resistettero all'invasione di spiriti nuovi. E la sera i ministri del Regno, persone accessibili al primo venuto, passeggiavano lungo le arcate della via che conduce al Po, fumando i sigari sotto cappelli di feltro o di paglia. Poi la sera ognuno riguadagnava la strada di casa, palazzo o modesta abitazione che fosse. Nessun ministro era a spese dello stato per il suo alloggiamento, lo stesso Cavour pagava di tasca propria le cene ufficiali. Il parlamento era il centro della vita politica e li si dibattevano le questioni che avrebbero cambiato la vita del paese. Il corpo diplomatico seguiva queste vicende e fu li che iniziai a studiare i personaggi politici del tempo. Quando giunsi a Torino la Camera era composta per intero da piemontesi e savoiardi. Poi a poco a poco vi affluirono, lombardi, fiorentini, romagnoli e napoletani che con il loro idioma e la loro vivacità resero l'atmosfera molto più interessante. A fine seduta gli elemnti più radicali andavano cordialmente a cena con i loro avversari politici nel ristorante Carignano, di fronte al Parlamento. Ogni asperità veniva dimenticata di fronte ad una bottiglia di Barolo e questo era uno dei caratteri più singolari della mentalità dell'italiano.
La Società del Whist o Club dei Nobili era uno dei circoli torinesi più organizzati. Composta da membri della vecchia aristocrazia piemontese ammetteva raramente nuovi soci. Il corpo diplomatico vi aveva libero accesso. Il palazzo, situato nel centro della città, si trovava in faccia agli splendidi giardini del palazzo del Principe di Cisterna. Un salone di lettura, una ottima tavola e degli amabili ospiti facevano del circolo un punto obbligato di incontro della diplomazia che arrivava a Torino. I deputati delle nuove province ed  i generali erano accolti a titolo provvisorio, mentre i membri delle antiche famiglie piemontesi, che in passato avevano militato nell'esercito sardo, erano considerati a pieno diritto soci fondatori. Gli stranieri erano trattati con cortesia e riguardo. I Francesi poi erano considerati dei veri e propri compatrioti. La compagnia Meynadier dava rappresentazioni in città nella stagione invernale e al teatro Scribe a Torino si mettevano in scena delle novità teatrali appena uscite a Parigi. Il Teatro Regio è vicino al palazzo reale, ha una sala grande, molto bella decorata però in uno stile Impero molto rigido. Ho sentito dire ad un vecchio piemontese che prima del resaturo la sala era un vero modello di decorazione settecentesca: ogni loggia era inquadrata da legno dorato di piacevole effetto, le gallerie tagliate a giorno, richiamanti il Luigi XV più puro. Il teatro Regio era un tempo proprietà del Re che lo lasciava al pubblico riservandosi le logge del primo rango (il Palco nobile) aperte anche ai dignitari di corte e ai ministri stranieri. In seguito i palchi divennero proprietà delle famiglie dell'aristocrazia a Torino come in molte altre città. Nelle rappresentazioni di gala il teatro è illuminato a giorno e tra ogni loggia prende posto un lampadario con 8/10 candele. Il sovrano assiste allo spettacolo dal palco centrale mentre i diplomatici e i ministri da quelli laterali. L'illuminazione intensa esalta gli abbigliamenti e le pettinature delle dame. Alla fine del primo atto si aprono le porte dei palchi e dei domestici in livrea offrono rinfreschi e dolci. Anche se inferiore a quella di Milano la Compagnia dell'opera e di ballo di Torino, è pur sempre una delle migliori del paese. Il Carignano, ugualmente teatro reale, inizia la sua programmazione alla fine di quella del Regio. Nessuna città ha così tanti teatri come Torino: se ne contano più di 12 e vi si rappresenta il balletto, l'opera, il vaudeville, la pantomima la commedia indistintamente. Il teatro Gerbino è dedicato alle rappresentazioni in piemontese. Ogni sera il pubblico affolla le sale, dato che i prezzi sono alla portata di tutti. La vecchia nobiltà pur nell'animazione culturale della città resta ancorata alle vecchie abitudini. Fino al matrimonio le giovani fanciulle non varcano le soglie dei saloni: la loro educazione è severa e risente molto della cultura sabauda. A fine anno è consuetudine però dare un gran ballo per alleggerire questa "reclusione". Il ballo delle "tote" è una riunione esclusivamente di giovani donne. Gli inviti sono molto ristretti e molto ricercati. Una sottoscizione fatta tra le grandi famiglie permette l'organizzazione del ballo che si svolge in uno dei più begli appartamenti della città. Inizia alle otto di sera e termina alle 8 del mattino successivo. Solo le madri possono accedere al ballo, per sorvegliare le loro pupille. L'atmosfera, come ho potuto verificare, è molto franca e gioiosa. Un'eccellente cena, in cui lo champagne fa la sua discreta comparsa, interrompe il ballo a notte fonda. Il ballo può quindi riprendere mentre le madri spesso sonnecchiano.  Alla fine delle 12 ore ci si lascia con strette di mano, con qualche rimpianto, dandosi appuntamento per l'anno successivo, a meno che durante la festa non si sia intrecciato qualche fidanzamento preludio al matrimonio . 

(traduzione libera dal Diario diplomatico di Henry d'Ideville, 1875)


Fils de François Le Lorgne d'Ideville, après des études de droit à Paris, il devient secrétaire d'ambassade à Turin (1859), Rome (1862-1867) puis Dresde et Athènes. Proche ami d' Alexandre Dumas, on lui doit un des tout premiers livres sur Gustave Courbet (1878). Il a été préfet d' Alger de 1871 à 1873. Il repose dans la sépulture familiale au cimetière de Loddes (Allier).
(Fonte Wikipedia)