martedì 2 giugno 2020

Il Parco della Rimembranza (o della Maddalena) di Torino

La bellezza di Torino non si rivela al viaggiatore frettoloso. La città  sa come catturare l'attenzione del turista curioso. Un fiume, una collina, un centro storico raccolto che fa si che le distanze tra i luoghi di interesse non siano troppo disperse. E poi ci sono tante piccole curiosità, non sempre facili da scoprire, che richiedono pazienza, ingegno e un pizzico di fortuna. Il Parco della Rimembranza non ha un appeal in grado di trasmettere soavi riflessioni al turista curioso. Per tanti motivi non lo consiglio a chi non ha tempo nè desiderio di riflettere su certi sgradevoli aspetti della  nostra storia patria. 
Rimembranza. Di cosa? Semplice. Di più di 4000 soldati vissuti in città, morti nella Grande Guerra. I loro nomi sono scritti con accanto la data di morte, su dei paletti di legno posti lungo i numerosi sentieri che salgono verso la sommità del Colle. La data di nascita non è riportata, ma è facile immaginare non tanto precedente gli anni 1916, 1917, 1918 che a volte con fatica riusciamo ancora a leggere sui piccoli bronzetti delle steli. Nomi che si ripetono, ordinati alfabeticamente: Mario, Bruno, Remo, Giovanni, Giuseppe.... Di sicuro tutti poco più che adolescenti. 
Saliamo dunque lungo viali i cui nomi, chi più chi meno, sui banchi di scuola ha imparato a conoscere, anche solo per sentito dire: Monte Sei Busi, Podgora, Castelgomberto, Castagnevizza. E' un'ascesa, la nostra, che racchiude un simbolo di grande potenza. Raggiungere in alto sul piazzale della Vittoria la grandissima statua-faro alata di Rubino significa assaporare l'inebriante gusto della  Vittoria ma per farlo dobbiamo soffrire, arrivare anche a morire, lasciando solo una effimera traccia della nostra esistenza racchiusa in piccole targhette metalliche. Ed eccoci in cima, con tutt'attorno il silenzio del pomeriggio estivo, possiamo sederci all'ombra delle poderose membra della dea luciferina (portatrice di luce)  e abbandonare al contempo la disgustosa ipocrita celebrazione di tante morti inutili. I morti sono morti. Accompagnati al macello da generali carnefici con addosso i panni della più bieca retorica della guerra giusta. Ci vuole un po' di fantasia per scorgere in quei nomi che ci hanno accompagnato fin lì, delle persone che sono state straziate nella carne e forse prima ancora, nello spirito. Ancor più difficile è questo pensiero se guardiamo la gente intorno a noi ridere, scherzare o chiacchierare senza nessun ricordo nè consapevolezza di quell'istante ormai lontano più di cento anni in cui  si spegneva una giovane vita. Di sicuro siamo stati bravi nel mascherare queste orribili morti con tutto il corredo ipocrita dell'eroismo, delle fanfare, dei nastrini e delle medaglie, delle celebrazioni rituali. C'è persino un generale tra le migliaia di soldati semplici morti qui ricordati. Il chè è singolare perchè quasi tutti i valorosi generali della nostra Grande Guerra sono deceduti placidi nei loro letti, tra il tintinnio triste delle medaglie e delle decorazioni al merito. 
Non è più così piacevole la scampagnata nel verde pubblico cittadino tra i maestosi carpini bianchi, le querce, i noccioli e le centinaia di specie arboricole messe qui a dimora fin dalla fine degli anni '20. Scendendo verso il fiume, non riusciamo più a pensare a questa immagine diffusa di retorica bellica che parla di eroi immolatisi per una causa suprema. Solo tristezza e rabbia, sentimenti che non si addicono ad una vacanza spensierata in una bella città.