domenica 30 aprile 2017

Piazza Madama Cristina a Torino: commerci, vicende e cronaca nera



Piazza Madama Cristina, da sempre il cuore pulsante  del quartiere di San Salvario, fu teatro fin dalle origini a coloriti episodi di vita cittadina, nel bene e nel male... Il mercato che fin dalla metà dell'800 ha animato la piazza, con le sue caratteristiche di luogo di incontro, di affari leciti e non, ha certamente contribuito ad alimentare gli episodi di cronaca. La riottosità degli ambulanti era una costante di molte notizie sempre concludentesi con trasferimenti in ospedale o in questura a seconda dei casi.  Un altro elemento di instabilità era fornito dalle osterie e dalle cantine che si affacciavano sulla piazza: qui nascevano spesso, complici gli eccessi nel bere, liti e diverbi che vedevano nell'uso del coltello o del bastone il tragico epilogo. Bisogna dire che le cronache di fine '800 erano molto più attente di oggi a dare grande risalto a ogni fatterello che si discostasse dalla tranquilla laboriosità della comunità del quartiere. Le notizie erano quasi costantemente dei semplici trafiletti di una decina di righe in seconda o terza pagina. L’occhio attento del cronista riusciva a sintetizzare in poche parole drammi sociali molto spesso di povertà e malattia. E’ per esempio del 1885 la notizia di un facchino 22enne che è vittima di un attacco epilettico in piazza. Soccorso da una guardia urbana dichiara di essere  digiuno da 30 ore: la stessa guardia provvede a rifocillarlo in una vicina trattoria con pane minestra e vino. La stessa notizia, questa volta con nome e cognome dello sventurato, si ripresenta due  anni dopo: nuovamente in piazza il facchino giace semi assiderato e affamato. Di nuovo una guardia lo soccorre e provvede al pasto…  La piazza era da molti anni sede di un animato mercato di quartiere: la Stampa riporta la richiesta dei commercianti di poter disporre di una tettoia come riparo dalle intemperie. Ma sette anni dopo la questione tettoia sembra ancora lungi dall'essere portata a compimento...Migliorano invece la viabilità e i collegamenti col centro città: un' ippoferrovia da Porta Milano (Porta Palazzo) arriverà in piazza Madama per poi volgere verso il Valentino. Nel mese di agosto 1878 un trafiletto riporta "Gioite abitanti di Piazza Madama Cristina... Domani si aprirà la nuova linea di tramways che collegherà Porta Palazzo con la piazza trasportandovi un'immensità di popolo!"  Il tutto in 18 minuti al costo di 10 centesimi. La cronaca nera rimane confinata a risse per motivi di gelosia ("gelosia di donne" cita l'articolo de La Stampa) o per liti familiari. Un "fabbro, laborioso e di cuore" all'uscita da un'osteria di Piazza Madama, viene alle mani col figlio Giuseppe accusato di condurre una vita scostumata (pretendeva infatti di far vivere more uxorio nella famiglia d'origine la sua amante). Bastonato dal padre, Giuseppe, in evidente stato di ubriachezza, risponde con una stilettata uccidendo il genitore ("rendendolo freddo cadavere"). I traffici nel mercato non sono sempre onesti soprattutto a livello igienico. Ma la polizia municipale veglia: Stamani sul mercato di Piazza Madama Cristina vennero sequestrati e distrutti 30 poponi guasti. Benissimo! Il giorno successivo un'altra notizia dello stesso tenore riporta la distruzione di ben 259 poponi immaturi o guasti.. Siamo nel 1884. Le insidie alla morale pubblica non possono mancare alla piazza. Al n. 4 si è insediata una casa di malaffare (proprietario tal Crotta...) che suscita la vibrata protesta di molti inquilini e commercianti disturbati dall'immorale via vai di clienti. La protesta sembra non avere effetto alcuno se l’anno successivo nel 1889 una ventiduenne di mala vita tenta di fuggire gettandosi dalla finestra ma riporta nella caduta gravi lesioni alla schiena. Nell'ultimo decennio il fenomeno della prostituzione sembra allargarsi in maniera preoccupante se nella rubrica "La valigia del Pubblico", un lettore si scaglia contro le veneri da strapazzo che popolano la piazza e che con i loro immondi schiamazzi non lasciano i residenti riposare in pace dalle fatiche giornaliere.  I drammi si susseguono. Nel cortile di un edificio al numero 3, è rinvenuto un feto di 5 mesi in un canaletto di scolo delle acque nere. Piazza madama Cristina dispone di un servizio di vigilanza di guardie civiche attivo nelle ore di mercato: non è infrequente infatti il ricorso ai loro servizi visto il numero non piccolo di episodi di bastonature e accoltellamenti tra i frequentatori del luogo. In una lite all'uscita dalla cantina Campia al n.7 si ebbero nel 1892 ben 6 feriti, tra uomini e donne, fruttivendoli con i banchi sul mercato. Nel 1896 in piazza Madama c'erano i platani: lo si legge nel resoconto dei danni provocati da un uragano con grandine che si abbattè il 24 giugno sulla città: volarono lamiere di zinco della tettoia (finalmente costruita!) e alcuni alberi della piazza furono letteralmente denudati. Il nuovo secolo incalza ma la piazza non sembra cambiare abitudini.... il cuore pulsante di San Salvario ci regalerà ancora per tanti lustri drammi e vivaci quadri di vita popolare.

mercoledì 26 aprile 2017

Alfonso di Piazza Bodoni


Al tramonto


Quando La Marmora morì il giorno prima dell'Epifania del 1878 tra i familiari che seguivano il feretro c'era anche il suo amato cavallo, velato di bruno...... Nella scritta bronzea sul basamento di pietra che sostiene il cavaliere troviamo uno degli epiodi più gloriosi della sua vita militare, la guerra di Crimea che proiettò il novello Regno d'Italia tra le grandi potenze europee, frutto questo dell'acume politico di Cavour. Ricca fu la vicenda umana del più giovane dei quattro fratelli di insigne famiglia biellese, Alfonso. La sua figura, indissocialbile dalla presenza scenica del sottostante equino, appare a certe ore del giorno, soprattutto al tramonto, più simile ad un Buffalo Bill risorgimentale che ad un valoroso soldato del Regio Esercito. I tratti del volto, bruniti dal tempo, non mostrano la bruttezza del maturo Alfonso (a quei tempi 51enne). Il cavallo è rilassato. La zampa sinistra sollevata più che fiera posa di parata, sembra rammentare un' indole dubbiosa del tipo "che fare e dove andare?"
Ma via... lasciamo queste oziose considerazioni  e cerchiamo di cogliere la bellezza di questo monumento equestre calato nell'armonia della piazza circostante. Poche piazze in Torino racchiudono una così squisita geometria di proporzioni. Cavaliere e cavallo volgono sguardo e corpo verso ovest, diametralmente opposti quindi alle proppaggini dell'anfiteatro morenico del Garda dove sorge Custoza, luogo simbolo del declino storico e umano del Generale La Marmora. Casualità del destino, coincidenze ma all'osservatore attento non può sfuggire un chè di stanco ed incerto nella posa dell'uomo di stato e del militare che ha assistito a infinite morti in battaglia, nonchè a quella dell'unico figlio neonato e  da ultimo della moglie Giovanna.In un trafiletto del 7 gennaio 1878 su La Stampa sono descritte le esequie del generale a Firenze: il suo cavallo, velato a bruno, si legge, seguì il feretro....... Lasciando la piazza vien da ultimo da chiedersi se mai alcuno dei giovani bevitori di birra che nelle notti torinesi bighellonano ai piedi dell'Alfonso, si sia mai chiesto chi fosse costui e se davvero avesse sul groppone la responsabiltà dell'esito infelice della terza guerra di indipendenza.

.. o in un pomeriggio d'autunno...


E' raro ma succede che nevichi abbondantemente a Torino. E' questo allora uno dei momenti più adatti per capire la profonda bellezza del monumento di La Marmora. I dissuasori incappucciati del bianco manto diventano palle di cannone disseminate ai piedi del grande condottiero, le orme dei passanti quelle degli scarponi di ignoti soldati che non furono così fortunati come l'Alfonso a venir celebrati per l'eternità. E con la neve, come sempre, la piazza diventa silenziosa, di quel silenzio che ricorda il trascorrere dei decenni, la morte e la spaventosa inutilità di ogni guerra. Il La Marmora fu per molti versi una natura schiva: si narra (G.S. Marchese, 1861, pag.103) che al ritorno dalla Crimea il popolo torinese ebbe ad acclamare i soldati vittoriosi ma ancor di più chi li aveva capitanati... Ma il generale evitò la folla plaudente "rifggendosi in una modesta casa"....



E ora qualche nota urbanistica sulla nascita della statua......

La collocazione della erigenda statua ad Alfonso la Marmora  dopo l’iniziale proposta di piazza Maria Teresa scartata per via della scarsa visibilità causata dalle fronde degli alberi ivi presenti viene stabilita in piazza Bodoni Al centro della piazza per un certo numero di anni uno steccato provvisorio cela la vista del basamento in granito di Baveno su cui poggerà la statua equestre. Raccolti i fondi della sottoscrizione popolare, avuto il sostanzioso contributo del nipote  Tommaso il monumento ad Alfonso La Marmora è inaugurato il 25 ottobre 1891 alla presenza del Re d’Italia.   

Il monumento al Generale Alfonso la Marmora. 
II sindaco riferiva in una delle passate sedute alla Giunta municipale che, con deliberazione 30 novembre 1881, il Consiglio comunale accettava con plauso l'offerta del signor marchese Tommaso La Marmora di assumere a proprio carico l'esecuzione del monumento decretato al generale Alfonso La Marmora, mediante cessione del fondo ricavato dalla pubblica sottoscrizione a tale uopo instituitasi da eseguirsi il monumento in bronzo, con proporzionato piedestallo, secondo il bozzetto studiato dal prof. conte Stanislao Grimaldi e da collocarsi sulla piazza Maria Teresa, in luogo dell'aiuola centrale. Con lettera 20 ottobre corrente, il marchese La Marmora, in seguito all'avviso del conte Grimaldi, autore della statua equestre, e sul riflesso che nella piazza Maria Teresa gli alberi circostanti impedirebbero la vista del monumento, propone che ne sia mutata l'ubicazione, destinandovi la piazza Bodoni. La Giunta, ritenuto che la principale considerazione che indusse a scegliere la piazza Maria Teresa fu l'avere il generale Alfonso La Marmora abitato parecchio tempo in una bella casa fronteggiante la piazza medesima; che però anche in piazza Bodoni l'illustre personaggio ebbe pur dimora, approvò, secondo l'avviso della Commissione d'ornato, il proposto cambio d'ubicazione, salva la sanzione del Consiglio comunale, a cui la proposta verrà sottoposta in una dello prossimo sue sedute. 
La Stampa (4.11.1886) numero 305 pagina 3

Oltre vittoriose battaglie...


 

Buffalo e Alfonso: paragoni


In margine a tutto quanto finora detto c'è da rilevare come la collocazione della statua ebbe un travagliato iter con numerose ed accese sedute in consiglio comunale. L'Autore del monumento sostenne a lungo, dal 1873, che la statua doveva essere collocata o in piazza Castello o nei giardini di Piazza Carlo Felice e a sostegno di questo proposito ebbe a citare l'approvazione di Re Vittorio Emanuele II che, cosa non da poco, contibuiva per due terzi al finanziamento dell'opera....  Ma il progetto di porre Alfonso davanti a Porta Nuova ebbe fiere resistenze in Comune.... Di ordine architettonico: come poteva una statua armonizzarsi con il cosiddetto giardino all'inglese qual'era quello della piazza Carlo Felice? Di ordine logistico: porre Alfonso che guarda il centro cittadino o che, più prosaicamente, osserva la imponente facciata della stazione, col rischio di venirne schiacciato nel senso delle proporzioni naturalmente.....? E poi, osserva un arguto consigliere, cosa ci sta a fare vicino alla statua lo zampillo della fontana? Poco maestoso di certo, anzi irrispettoso. Come sappiamo, dopo molti anni di discusssioni il cavaliere eil fedele cavallo ebbero la loro collocazione più indovinata, senza zampilli, aiuole o imponenti ed imbarazzanti facciate di edificio.

martedì 18 aprile 2017

Cimiteri della campagna vercellese

Per gli amanti dei cimiteri la campagna che si sviluppa attorno a Livorno Ferraris e Trino è fonte di grandi sorprese. Si tratta di cimiteri abbandonati depredati dall'imbecillità umana ma che hanno conservato intatto un loro fascino. Uno dei più citati sul web, anche a sproposito, è quello di Darola posto a metà strada tra la cascina omonima e l'Azienda agricola di Lucedio che dismessi i quarti di nobiltà (ex abbazia, ex Principato...) continua con intelligenza e oculatezza a gestire un luogo denso di grandi vicende storiche. Il cimitero di Darola sopravvive soffocato da una vegetazione aggressiva che lo sta avvolgendo di lustro in lustro. In fondo al quadrato di cinta si trova la cappella segnata più che dal tempo dalla mano di povere menti che lì hanno messo la firma del loro passaggio terreno, con i mezzi che il loro cervello aveva a disposizione: la distruzione e la rapina .... Rimangono miracolosamente intatte ai lati della cappella, sotto il piccolo portico, due lastre funerarie murate. Quella di sinistra evoca la triste vicenda di due gemelle quindicenni decedute nel 1868 nello stesso giorno. A destra viene invece ricordato il padre loro, uomo onesto e ad ognun caro .... prematuramente morto pochi anni dopo, il 28 giugno 1876.
In piccolo ricetto, a destra della cappella, troviamo la sola lapide del cimitero ancora leggibile e in buono stato.
Il luogo, se visitato in una bella giornata di sole, non ha nulla di lugubre o demoniaco. Reca con sè la leggenda secentesca che lo vuole testimone di congressi carnali tra monaci della vicina abbazia di Lucedio e giovani novizie, istigate in ciò dalla possessione demoniaca. Ma le fonti cui fa riferimento la leggenda sono molto incerte (vedi Massimo Centini, Il grande libro dei misteri del Piemonte, Ed. Newton Compton, 2007). E in questi casi sorge sempre il dubbio abbastanza scontato che il demonio sia stato scomodato per coprire umane debolezze carnali di persone dal debole profilo ecclesiale.

Poco dopo la cascina Colombara sulla provinciale 7 prima dell'incrocio col Canale Cavour verso Livorno Ferraris c'è il piccolo cimitero anch'esso abbandonato. Qui l'erba infestante è stata tenuta a bada ed è possibile reperire ancora qualche lapide sia in terra che al muro perimetrale in mattoni. Appena varcato il cancello a destra si scorge l'effige di un'anziana donna vestita di nero dallo sguardo penetrante. Non rimane nessuna indicazione di chi fosse e di quando morì. Le ultime sepolture sembrano datare agli inizi del quinto decennio del '900: in effetti è in quel periodo che si esaurisce lentamente il fenomeno delle mondine e con esso lo sviluppo della vicina comunità della Cascina Colombara. Essa negli anni 70 è ormai disabitata.




Poco distante qualche burlone con un certo piglio di humor nero ha raffigurato una tumulzaione pagana con cenci variopinti.


Poco fuori dalle mura lo sguardo spazia sulla distesa d'acqua di una grande risaia, con in lontananza le mura di una grande edificio che rcorda i Cason veneti del Delta del Po.