venerdì 23 dicembre 2011

Cronaca cittadina de La Stampa. Torino. Morte nella fogna

La Stampa 11.7.1951

UN GIOVANE DI 18 ANNI SCOMPARSO NELLE FOGNE DI VIA CRISTOFORO COLOMBO
Una angosciosa, allucinante sciagura è accaduta ieri pomeriggio nella nostra città.

Un giovane operaio, un ragazzo di 18 anni, è scomparso in una fogna, dopo aver perso i sensi in seguito ad intossicazione. Per quante ricerche siano state affannosamente compiute dai vigili del fuoco, ancora non è stato possibile ritrovarlo. Ma ecco i fatti nella loro cruda realtà. Ieri pomeriggio verso le 15 tre giovani, Aldo Rosano di 19 anni abitante a San Biagio di Centallo, Giovanni Peracchione di 18 abitante a Lanzo in via delle Tettoie 7, e Carlo Bertolina di 16 anni, da Borgo Revel, stavano lavorando in via Cristoforo Colombo. Essi erano occupati presso un'impresa che per un appalto ottenuto dal Municipio, ha il compito di ripulire il fondo dei canali bianchi. Questi canali sono corridoi sotterranei dell'altezza di un metro e venti, larghi 60-70 centimetri, nei quali confluiscono tutte le acque piovane. Sul loro fondo perciò, a seconda delle condizioni meteorologiche, può scorrere un semplice rivolo o addirittura un torrentello della profondità massima di mezzo metro. I tre giovani di cui sopra, calandosi alternativamente sottoterra, avevano il compito di rimuovere con picconi i detriti e il terriccio fermi sul fondo. Verso le ore 15, come si è detto, essi avevano iniziato la loro attività sotto la guida diretta del geometra Bozzone del Municipio. Mentre il sedicenne Carlo Bertolina restava alla superficie, i suoi compagni Peracchione e Rosano scendevano nella fogna attraverso il chiusino posto dinanzi al numero 43 di via Cristoforo Colombo. Poco prima, per facilitare il deflusso del terriccio, con lo spostamento di apposite paratole era stata immessa dell'acqua sino ad un livello di 30-40 centimetri. Nel momento in cui il geom. Bozzone mandava il ragazzo rimasto con lui in superficie a chiudere queste paratoie, improvvisamente giungeva di sottoterra una vampata di acutissimo odore. — Mi è parsa benzina — ci ha dichiarato il geom. Bozzone — probabilmente sì trattava dello scarico di qualche stabilimento della zona. Resomi subito conto del pericolo, accorsi al chiusino successivo a quello per il quale si erano calati i due operai e li chiamai per nome. Non ebbi risposta. Il geometra, sapendo che essi erano avviati in direzione di corso Galileo Ferraris si precipitava più avanti ancora ed apriva altre due o tre botole. Ma nessuna voce giungeva in risposta ai suoi richiami. Si telefonava perciò ai vigili del fuoco. Erano le 15,50. Sotto il comando del capitano Giulia, pochi minuti dopo giungevano sul posto due distaccamenti di vigili i quali iniziavano le operazioni di salvataggio calandosi nel canale bianco attraverso le due estremità di via Cristoforo Colombo. Questo tentativo dava subito un risultato positivo: uno dei giovani, il diciannovenne Aldo Rosano, veniva ritrovato semisvenuto all'altezza del chiusino posto all'incrocio con via Cassini. Egli dunque aveva percorso un duecento metri dal punto dov'era disceso. Il ragazzo, sebbene fosse afflosciato sulle ginocchia con l'acqua che gli arrivava a metà petto, rispondeva al richiamo dei soccorritori — E' terribile — egli diceva — è terribile ciò che è successo. All'ospedale Mauriziano, dove giungeva con un'autolettiga, il dott. Vottenani gli riscontrava sintomi d'intossicazione, probabilmente causati da metano, guaribili in una decina di giorni. Il Rosano però era in preda ad un forte choc nervoso. Per ore ed ore non ha fatto altro che chiedere notizie di Gianni, del suo compagno scomparso. Siamo riusciti tuttavia ad avere da lui un racconto del tragico accaduto. Ci eravamo da poco calati, quando fummo investiti da un gas acre, irrespirabile. Gianni, che era davanti a me, per primo ha invocato soccorso, ma non siamo stati uditi. Io mi sono chinato su me stesso dopo aver corso in avanti per un po'. Non vedevo, perchè la lampada ad acetilene era caduta nell'acqua. Non posso dire di più, ma «sento» che Gianni è morto. L'acqua che scrosciava impetuosa sino al ginocchio era sufficiente per trascinarne via il corpo. Nel frattempo, per tutta la lunghezza di via Cristoforo Colombo i vigili del fuoco intensificavano lo ricerche dell'altro operaio: il 18enne Giovanni Peracchione. Non ostante il canale sia parzialmente chiuso da un griglia all'altezza di corso Galileo Ferraris, i sondaggi venivano compiuti anche oltre questo sbarramento che non è tale da impedire il passaggio di un corpo esanime. Tutto invano. Sul posto si portavano il prefetto dott. Carcaterra ed il questore dott. Ferrante, mentre centinaia di persone sostavano in muta e trepida attesa. Servendosi di una mappa del canali sotterranei, l'ing. Previti, comandante dei vigili del fuoco, dirigeva le operazioni di soccorso anche lungo i cunicoli trasversali. Nessuna traccia; solo alle 21,30 veniva ritrovata la lampada ad acetilene sfuggita dalle mani dello sventurato ragazzo nel momento in cui era stato colto dalla venefica esalazione. Sorgevano molte congetture legate ad un filo di speranza: forse il giovane si era ripreso e, in preda a terrore, era fuggito per i canali secondari. Ma come spiegare il fatto ch'egli non veniva scorto nonostante il rastrellamento minuzioso? A poco a poco prendeva consistenza un'ultima congettura, la più drammatica. Quasi sicuramente il corpo inanimato del Peracchione era rimasto travolto dal corso d'acqua e trascinato sin verso i cunicoli collettori che riversano, dopo chilometri di percorso sotterraneo, l'acqua nel Po. Un gruppo di vigili si recava perciò in attesa presso lo sbocco delle fogne nel fiume. Apprendiamo intanto da Lanzo che Giovanni Peracchione è figlio di una poverissima donna che, proprio da lui, traeva sostentamento. Mille lire al giorno, guadagnava questo ragazzo e con esse manteneva, oltre alla madre, una sorella ammalata. Tutte le sere giungeva a casa con il treno in arrivo alle 19 circa. Quando un nostro cronista ha portato ai familiari la tremenda notizia — erano le 21 circa — essi già erano in preda ad una angoscia piena di presagio. Indicibile è stato il loro dolore. Madre e sorella sono partite subito alla volta di Torino.
12 Luglio 1951 NUOVA STAMPA SERA 

RICUPERATO STAMANE IL CADAVERE DEL GIOVANE OPERAIO

Alle ore 9 di stamane il corpo dello sventurato operaio scomparso nella rete di canali della fognatura bianca (quella per lo spurgo delle acque piovane) di via Cristoforo Colombo, è stato finalmente trovato in un collettore sotterraneo di via San Secondo angolo corso Sommeiller. Il poveretto era disteso sull'acqua, irigidito nella morte. L'avevano trovato gli operai Delfino Mariotti, Celestino Baruffalo, Pierino Ferrero e Angelo Mariotti della Impresa Serra e Bioletto addetta alla ispezione delle fognature. I quattro operai erano rimasti svegli tutta la notte alla ricerca affannosa nella rete di canali sotterranei del loro compagno scomparso. Quando la salma del poveretto veniva portata, attraverso il chiusino del collettore, alla luce del giorno e distesa sul controviale di corso Sommeiller, una folla di passanti si raccoglieva sul posto. Poco dopo giungevano alcune jeep della Celere, agenti del Commissariato San Secondo e il medico municipale. Più tardi la salma veniva trasportata all'obitorio per l'autopsia. E' di ieri la notizia della scomparsa del Peracchlone, un giovane di Lanzo che, con il suo modesto lavoro alle dipendenze della Impresa Serra e Bioletto, manteneva la madre ed una sorella ammalata. Ieri pomeriggio lavorava con due compagni Aldo Rosano di 19 anni e Carlo Bertollna di 16 anni alla ripulitura delle fogne bianche di via Cristoforo Colombo. Il Bertolina, rimasto alla superficie, avvertiva una zaffata di gas sprigionarsi dal chiusino. Temendo per i suoi compagni, si rivolgeva al geometra Bozzone del Municipio, che dirigeva i lavori. Questi, chino sull'apertura, chiamava a gran voce gli operai. Nessuna risposta. Evidente che i due erano rimasti vittime della venefica esalazione. Il geometra Buzzone telefonava ai vigili del fuoco, i quali giungevano sul posto pochi minuti dopo. Fu possibile rintracciare quasi subito il Rosano; era svenuto afflosciato sulle ginocchia con l'acqua alla cintola, ma salvo. Le ricerche ripresero per il Peracchlone. Purtroppo durante tutta la notte esse non diedero risultati.

Giovedì 12 Luglio 1951 LA NUOVA STAMPA Anno VII - Num. 163 
La tragedia del giovane operaio scomparso nei cunicoli della fogna.
Il misero corpo è stato ritrovato ieri in un canale di via Cristoforo Colombo
Morto per intossicazione o annegamento? Il dramma dell'operaio diciottenne Giovanni Peracchione, scomparso martedì pomeriggio nella fogna di via Cristoforo Colombo, è giunto ieri mattina all'epilogo. Dopo ore ed ore di vane ricerche il cadavere è stato ritrovato, contratto e sfigurato sulla melma di un canale collettore ad un chilometro e mezzo circa dal luogo dove il giovane era stato colto da intossicazione. Ora che le operazioni, tese prima ad un disperato tentativo di salvataggio e poi al recupero della salma, sono concluse, le autorità competenti hanno iniziato una severa inchiesta sia per ricostruire tutti i particolari, sia per accertare eventuali responsabilità. Tuttavia l'inchiesta, proprio perchè severamente condotta, deve procedere con estrema cautela. Sinora il commissariato San Secondo ha accertato che tanto il Peracchione, quanto i suoi giovanissimi compagni, Aldo Rosano, tratto a salvamento, e Carlo Bertolina, che al momento dell'incidente si trovava in superficie, già avevano acquistato buona pratica nel duro lavoro. Non era prevedibile che all'improvviso nel condotto sotterraneo si sprigionasse una venefica esalazione la cui origine, molto probabilmente, è destinata a rimanere ignota. Si era parlato in un primo tempo dello scarico di qualche sostanza chimica da parte di uno stabilimento industriale, ma è ben difficile stabilire da che punto il tossico sia penetrato nel canale bianco dove il Peracchione stava lavorando. Sopra di lui e sopra il Rosano erano aperti due chiusini; il destino avverso ha voluto però che i ragazzi, forse messisi a correre perchè presi dal panico o forse trascinati dal piccolo corso di acqua mentre erano semisvenuti, andassero subito a finire 150 metri oltre il punto dove si erano calati nella fogna. Secondo un'ipotesi, già affiorata mentre si svolgevano le operazioni di soccorso, il ragazzo forse non ha resistito all'intossicazione ed è crollato esanime nel fondo del canale. In tal caso l'acqua, sebbene fosse profonda soltanto una trentina di centimetri avrebbe potuto trascinare il corpo per la diramazione che lungo via Cassini va a sfociare nella vasta galleria di collegamento posta nel sottosuolo di corso Peschiera. Secondo un'altra ipotesi (in un certo senso più spaventosa) il ragazzo dopo un primo momento di collasso si sarebbe ripreso e con i suoi mezzi, avendo però la mente ottenebrata dal terrore, sarebbe corso in cerca di scampo lungo il cunicolo di via Cassini. Privo però di orientamento e senza l'ausilio della lampada ad acetilene cadutagli nell'acqua, avrebbe raggiunto senza accorgersene, il canale di corso Peschiera. In questo sbocco vi è un salto di 2 metri circa: sufficiente per determinare una caduta rovinosa nel corso d'acqua che qui supera i 60 centimetri ed è alquanto impetuosa. Il recupero della salma è stato compiuto ieri mattina alle 9 circa da sei valorosi operai che spontaneamente avevano voluto cooperare con i vigili e i dipendenti municipali prodigatisi nelle pietose ricerche. I poveri resti di Giovanni Peracchione ancora non sono stati restituiti alla desolatissima madre che è giunta martedì sera a Torino da Lanzo. Il cadavere si trova all'Istituto di medicina legale, dove oggi il prof. Toso compierà l'esame necroscopico per accertare se la morte è stata causata dal l'intossicazione e da annegamento. Anche questi elementi saranno utilissimi per l'inchiesta in corso, alla quale già hanno dato la loro cooperazione tecnica funzionari dell'Istituto di Previdenza. Naturalmente, dopo le indagini della polizia, anche la magistratura dovrà pronunziarsi in merito a questo luttuoso episodio.



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