Morte in città.

Camminando in Lungo Po Antonelli è possibile vedere nella striscia d'erba che costeggia il viale di passeggio verso la riva del Po, una piccola aiuola recintata che racchiude due lapidi, testimonianze di una tragedia di tanti anni fa...


LA STAMPA Venerdì 28 Settembre 1979

CRONACA DI TORINO Anno 113 Numero 220

Tragico incidente ieri pomeriggio in Lungo Po Antonelli a Vanchiglietta. Due sorelle, 4 e 5 anni, sfuggono di mano al nonno. Investite e uccise da un'auto

E' accaduto alle 16,30 - P.S. stava attraversando la strada con le nipotine Annalisa e Domenica: «Volevo portarle in riva al Po; perché non sono morto anch'io?» - L'investitore: «Mi sono sbucate davanti» D.G., 21 anni: «Non ho potuto fare nulla» Un'improvvisa frenata, un colpo secco, urla strazianti. Due bimbe giacciono sull'asfalto a pochi passi dal verde verso cui stavano correndo. Un uomo, il nonno materno, che le teneva fino a pochi istanti prima per mano, piange, si dispera. E' l'ennesima tragedia della strada, accaduta ieri alle 16,30 in Lungo Po Antonelli 77. L'investitore, alla guida di una «Renault 5» blu si è trovato le piccole davanti all'ultimo momento. Non è riuscito ad evitarle. Quando l'ambulanza le ha portate al pronto soccorso dell'ospedale infantile erano già morte. Si chiamavano Annalisa e Domenica C., di 4 e 5 anni e mezzo. Vivevano con i genitori, operai, e un'altra sorella più grande in un modesto alloggio di via Andorno. Domenica C., che avrebbe compiuto 6 anni a gennaio, frequentava già la prima elementare. Racconta il nonno materno, P.S.: Le volevo portare in riva al Po. Non era la prima volta che venivano con me. Camminavamo fianco a fianco; poi, giunti all'incrocio tra via Rimini e Lungo Po Antonelli, le ho prese per mano. Non ho avvertito il pericolo, mi sono mosso, ma le creature mi sono scappate davanti e prima ancora che potessi gridare la macchina le aveva già trascinate lontano. Perché non ha ucciso anche me? Come faccio adesso?. Parla l'investitore. D.G., 21 anni: «Non andavo forte. Avevo la visuale coperta da un furgone posteggiato a spina di pesce proprio davanti al punto dal quale sono sbucate le bimbe. Ho fatto di tutto per evitare di investirle». Sul posto, fino a sera, vigili urbani e polizia hanno raccolto le testimonianze di chi aveva assistito all'incidente. Ma la gente è infuriata. Basta, ha detto una signora stringendo a sé la figlioletta, non si può andare avanti cosi. Questa strada è troppo stretta, dovrebbero mettere dei semafori, disegnare strisce pedonali, allargare la sede stradale. E' stato avvertito il sostituto procuratore della Repubblica: il G. è stato denunciato a piede libero per duplice omicidio colposo. Soltanto in serata il padre delle due bimbe uccise F.C., ha saputo dell'orribile disgrazia. Ha raggiunto la moglie e i suoceri in ospedale. Per tutta la notte i genitori e i nonni hanno pianto, disperati, sui corpicini delle due sorelline. Non riusciva a darsi pace il nonno, che ha continuato a ripetere: Perché non sono morto anch'io con loro?

LA STAMPA CRONACA DI TORINO


Anno 113 - Numero 221 - Sabato 29 Settembre 1979 13

La tragedia delle due sorelline uccise da un'auto l'altro ieri. Non dimentichiamo quei sorrisi. Eccessiva velocità, mancata osservanza di semafori e strisce pedonali sono le cause principali di tante sciagure.


La porta all'ultimo piano di via Andorno, di borgo Vanchiglia-Vanchiglietta, è  socchiusa. Nessun rumore, solo il pianto, 
soffocato, di una donna. E' M.C., la madre di Annalisa e Domenica, le due bimbe investite l'altro ieri da un'auto in Lungo Po Antonelli. Sfuggite di mano al nonno, mentre andavano a giocare lungo il Po, sono morte mentre venivano accompagnate in ospedale. I vicini: E’ piombato il silenzio in quella casa. Fino a ieri le grida festose delle due bambine riempivano le stanze. Giocavano sul pianerottolo, sul balconcino, per le scale. Una vecchia casa, dove tutti si conoscono: Domenica aveva cominciato due settimane fa la scuola, frequentava la seconda elementare. Avrebbe compiuto otto anni a gennaio. Annalisa, invece, andava all'asilo da pochi giorni: Era fiera, usciva di casa con un quadernino, che riempiva di disegni. Animali, case, alberi, ampi giardini, pieni di bimbi che giocavano. Diceva: Anch'io vado a scuola, come Domenica. Aveva appena quattro anni. II nonno, P.S. 55 anni, stava portandole lungo il Po, per giocare. Ha guardato a sinistra, poi a destra: le auto procedevano lente. Ha visto una Renault, ha creduto si fermasse: Non le ho più viste, mi sono scappate di mano. Annalisa e Domenica sono state travolte. A due metri dal verde, dai giardini, dagli alberi con le prime foglie già ingiallite dell'autunno. Ieri, ignoti e frettolosi passanti, hanno deposto là dove è avvenuta la tragedia, dei fiori. Gladioli bianchi, fiori di campo, crisantemi. Come è possibile, si chiedevano in molti. Perché ancora morti, ancora sangue sulle strade?. La città, dopo la breve parentesi d'agosto (solo quattro morti in quel mese), ha ripreso il suo ritmo di vita pulsante ed affrettato. E con questo, è ricominciato il lungo elenco di incidenti, di feriti e di morti. La media torinese è di un centinaio di morti all'anno a causa del traffico. Troppo alta, anche per una città di un milione e 200 mila abitanti, uno dei tassi di motorizzazione più elevati in Italia, circa 600 mila veicoli su una rete stradale che si sviluppa per circa tremila chilometri. Questi i dati forniti dai soli vigili urbani che rilevano, in media, i due terzi degli incidenti in città: 812 con soli danni ai mezzi; 665 con feriti che, complessivamente, sono stati 1001, 27 i morti. E sono cifre riferite a soli otto mesi, gennaio-agosto, di quest'anno. Secondo vigili, carabinieri e polizia stradale, tre sono le cause principali degli incidenti in città: l'inosservanza del limite di velocità, il mancato rispetto dei semafori e delle strisce pedonali. Velocità. Guglielmo Della Corte, vice comandante i vigili urbani: I nostri corsi, ampi, dritti, scorrevoli, invitano a velocità superiori ai 50 all'ora, prescritta dal codice. Gli automobilisti pigiano il piede sull'acceleratore, dimenticando troppo spesso le più elementari norme di sicurezza. Semafori. Ancora Della Corte: Si rispettano pochissimo, soprattutto nelle prime ore del mattino e alla sera. Sempre di corsa, in gara con il tempo, con gli altri, quasi fossimo a Monza o a Indianapolis. Gli agenti della stradale: Si attraversa col rosso, ma più spesso si brucia il semaforo quando è già sul giallo. Il codice parla di velocità moderata agli incroci; bisogna fermarsi, quindi, con la luce gialla. Strisce pedonali. E’il discorso più amaro — dicono i carabinieri —. Le strisce zebrate sono nate per i pedoni, per incolonnarli in punti prestabiliti, dove hanno la precedenza. Ma gli automobilisti fingono di rallentare, e sgusciano via veloci. Molti poi si fermano agli incroci occupando le zone pedonali, costringendo i pedoni a veri slalom'. Il risultato? L'abbiamo davanti agli occhi ogni giorno. Per questo occorre ritrovare un equilibrio, una dimensione umana, anche nel traffico automobilistico. L'auto è nata col progresso, come conquista dell'uomo: non è, non deve essere uno strumento di morte o di sofferenza. In via Andorno, all'ultimo piano, di Annalisa e Domenica non è rimasto nulla, solo il dolore del genitori, l'eco delle loro grida festose che un tempo riempivano la casa. E una foto: a colori, scattata nei giorni di Carnevale del '78, su un'autopista di piazza Vittorio. I volti illuminati da un sorriso fresco, gli occhi aperti sulle meraviglie invitanti che, in quel momento, le circondavano. Poi, d'improvviso, un'auto scura, un urto violento. E la morte. Non dobbiamo dimenticarle. Dobbiamo ricordare quel loro sorriso, quegli occhi scuri, spalancati sul mondo: ogni istante, soprattutto quando siamo alla guida.


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