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sabato 24 giugno 2023

Lisbona e Porto: itinerari fuori traccia. Vacanza in Portogallo

Disponendo di sette giorni, ho visitato solo queste due città. Cinque giorni per la prima e due per la seconda è una proporzione ideale per coglierne lo spirito. La prima impressione che ci trasmettono è il caotico sviluppo che le coinvolge ad ogni ora della giornata: tanti edifici in ristrutturazione, strade sventrate da lavori della metropolitana,  in città, tra l'altro, che già vantano molte linee. Al confronto, alcune nostre metropoli italiane più popolate offrono ben più striminzite risorse di trasporto locale. Numerose anche per le vie, sono le immagini di esistenze bruciate: uomini coricati lungo i marciapiedi senza cartoni, coperte, nulla di nulla e poi anche coppie che hanno ha ricavato in angoli sordidi di edifici dismessi una base  per la vita quotidiana. Sono persone all'ultimo stadio della discesa agli inferi, che non chiedono più neanche elemosine. Agli incroci stranamente non si vedono né accattoni né i fastidiosi pulisci vetro delle nostre città. 

Ma voglio tornare al tema del titolo, il fuori traccia. Ogni guida delle due città (Michelin, Touring, Lonely Planet) è prodiga di consigli sui luoghi classici del turismo tradizionale. Musei (non tantissimi in verità quelli di eccellenza), impressionanti luoghi panoramici favoriti dalla struttura a saliscendi di Lisbona e Porto, ristoranti e caffè storici, mezzi di trasporto come il Tram 28 di Lisbona sono luoghi che ricorrono costantemente... E come sempre in questi casi le code per accedervi sono scoraggianti. 

Ho scelto di proporre in breve alcuni spunti di visita che possono essere fatti in tutta tranquillità

Per i trasferimenti in città, anche se più faticoso, il camminare senza utilizzare mezzi pubblici è il sistema che prediligo perché permette di osservare con calma scene di vita quotidiana, magari banali ma che  inquadrano bene il fluire del quotidiano di una città. 

Museo della Farmacia (Lisbona)  Rua Marechal Saldanha 1

Comprende oggetti di grande valore artistico donati a partire dai primi anni '80 da varie farmacie portoghesi. Il risultato è una storia eccezionalmente documentata della farmacia mondiale. In occasione della mia visita, le sale erano deserte per cui è stato possibile osservare tutti i reperti  in maniera rilassata e completa (i vantaggi di luoghi espositivi fuori dalle rotte del turismo classico)





Cimitero dos Prazeres (Lisbona) Praça São João Bosco 568

La bellezza del luogo è data dalla posizione su di una collina con vista sui quartieri occidentali e il ponte 25 Aprile. Per arrivarci è consigliabile usare la linea storica del tram 28 partendo dal suo capolinea in Praça Martim Moniz possibilmente prima delle 9 di mattina, dopo di ché l'affollamento è garantito e in grado di togliere ogni piacere al viaggio. Viaggio che termina all'altro capolinea proprio all'ingresso del cimitero.
E' un cimitero ben ordinato con cappelle sepolcrali abbastanza uniformi in dimensioni pur nella varietà espressiva dell'architettura. La particolarità della stragrande maggioranza di esse è che le bare contenute sono a vista. Alcune di esse sono centenarie e in stato di degrado con cedimenti che svelano l'interno.



 Un drappo ricamato in genere le ricopre per intero. Il cimitero nasce poco prima della metà dell'800 in un area cittadina occupata da famiglie dell'aristocrazia per cui diventa in breve il loro riferimento per l'eterno riposo. Nella grande cappella posta all'inizio dei viali sono visitabili tre locali di cui uno adibito a sala per le autopsie ottocentesche e un altro a studio del direttore del cimitero attivo in tempi passati.



La tranquillità del posto è messa a dura prova dal fatto che il cimitero è sulla rotta di atterraggio degli aerei in arrivo al grande aeroporto della città: ma nel complesso, dopo qualche minuto, ci si abitua a vedersi passare sulla testa i grandi aviogetti di linea.



Cimitero britannico (Lisbona) R. de São Jorge 6


L'esigenza di disporre in territorio lusitano di una area dove poter seppellire sudditi britannici nasce fin dalla metà del '600 ma ci vorrà quasi mezzo secolo per arrivare ad un accordo e alla concessione di uno spazio cimiteriale (1717). Il sepolcro più visitato è quello imponente di Henry Fielding (l'autore del romanzo di formazione Tom Jones per intenderci) approdato in città alla ricerca di una impossibile guarigione. Si tratta di un monumento in granito posteriore di quasi un secolo alla morte dello scrittore della cui salma nulla è dato di sapere. Un'area è dedicata ai caduti del Commonwealth nella seconda guerra mondiale. I vialetti sono ben tenuti, molte le specie arboree rappresentate. 

Chiesa di Santa Clara (Porto)   Largo Primeiro de Dezembro 


Capolavoro del barocco giovannino è un tripudio di sculture in oro (in portoghese tahla dourada) tutte in legno. Dal '500 è stato sotto la giurisdizione delle suore francescane delle Clarisse: con la morte dell'ultima di esse a inizio '800 è iniziato un lungo periodo di declino fino al  recente restauro del 2021 che ne ha evidenziato e valorizzato tutta la bellezza. Il prezzo del biglietto è irrisorio (4 euro): una informatissimo accompagnatore illustra vari aspetti della storia della chiesa che non sono reperibili né sul web né sulle guide. Nel nartece, posto in alto e separato da una grata lignea che affaccia sulla navata centrale, si raccoglievano le suore di clausura: eleganti stalli lignei permettevano grazie ad un ingegnoso elemento decorativo di appoggiare per sollievo le natiche delle oranti. Nel corso della lunga chiacchierata con la nostra guida ho appreso le 3 F del Portogallo con cui nei lunghi anni della dittatura si teneva buono il popolo: Fado, Futbol e Fatima (nel senso della Fede).

 


Consigli spiccioli.

  • Ho visitato alcune librerie antiquarie nel complesso piuttosto deludenti non tanto per i prezzi, davvero eccessivi, quanto per la limitatezza delle offerte. 
  • Attenzione alla pavimentazione dei marciapiedi! Essa è costituita da un mosaico di sanpietrini in porfido lucidi e lisci che in caso di pioggia diventano estremamente scivolosi. Tenendo conto del fatto che moltissime vie di Lisbona e Porto sono con pendenze vertiginose, la possibilità di caduta sono grandi. La Rua dos Remedios, prima di essere ricondizionata, era famosa per questo motivo, in virtù dello stato sconnesso del selciato.
  • Il famoso mercatino bisettimanale (martedì e sabato) della Feira da Ladra è abbastanza deludente. Molti oggetti di poco interesse e valore a prezzi spropositati. Animato e folcorico sì, ma poco altro. 
  • Sedersi al dehors di un caffé per ammirare la città da uno dei tanti Miradouro sparsi un po' ovunque, è abbastanza economico, basta un minimo di attenzione. 
  • Il livello dei vari hotel cittadini non è eccelso se paragonato a quello degli standard italiani. Le colazioni in compenso ottime (The Editory House Ribeira Porto Hotel, rua Infante Dom Henrique 26 per esempio)
  • Come detto sopra, inviterei ad usare poco i mezzi pubblici, salvo che per spostamenti grandi (Cascais, Parque das Nações, Belem, Sintra a Lisbona): il sistema di biglietti non agevola il turista. Bisogna acquistare (quasi solo nelle stazioni metro) la tessera Viagem a 50 centesimi e ivi caricare il numero di viaggi che si pensa di utilizzare. Non è difficile imparare, solo noioso.
  • Ho evitato di recarmi a Sintra, vera Disneyland portoghese dove confluiscono masse sconfinate di turisti e dove bisogna pre acquistare i biglietti molti giorni prima in determinate fasce orarie e poi mettersi comunque in coda per l'entrata... Non fa per me.
  • Nelle due città innumerevoli sono i ristoranti su cui far cadere la scelta. Anche qui le code per accedere sono in certi casi scoraggianti. Tanto più che a volte non accettano prenotazioni. Io ho evitato attese snervanti trovandomi quando prima possibile davanti al posto prescelto. Le mie esigenze comunque, in viaggio sono dedicate al dormire bene in hotel scelti con cura più che al mangiare.
  • I taxi costano relativamente poco in confronto all'Italia
  • Tra le varie trappole per turisti metterei anche i vari elevador sparsi in città (soprattutto Lisbona): costano (giugno 2023) 3,80 euro che sarebbe ancora poco, se vogliamo, ma in conto dobbiamo mettere code estenuanti, essere pigiati in una cabina ristretta e percorrere il tragitto in meno di un minuto. Fate voi.
(in costruzione)

 

lunedì 7 maggio 2018

A Ginevra negli anni della mia giovinezza

Le mie prime visite alla città risalgono ai primi anni 60. Allora ero un poco più di un bambino. Mi era stata regalata una macchina fotografica rudimentale con una fodera in plastica grigia che aveva come opzioni  unicamente la scelta tra Tempo nuvoloso/Sole splendente, messa fuoco e pulsante per lo scatto. Montava rullini da 12 foto, esclusivamente in bianco e nero. Ho ancora una foto di quella macchinetta, ritrae delle lapidi del cimitero di St Georges, per lo meno credo, che già allora costituiva luogo di meditazione e relax delle mie esplorazioni del territorio. Di Ginevra ho sempre ammirato la tranquillità di alcuni quartieri periferici, veri angoli di quiete dove lo scorrere delle giornate sembrava possedere una dimensione familiare di pace introvabile nella mia città natale. Il sobborgo (quartiere?) di Chene Bougeries per esempio, dove abitavano i miei cugini svizzeri, era un susseguirsi di giardini delimitati da basse recinzioni lignee, più simboliche che reali, di spazi ben delineati dove regnava ordine ovunque. Anche le case più semplici pur recando i segni del tempo trascorso, qualche scrostatura, i legni sbiaditi o gli infissi ormai obsoleti conservavano un aspetto che mai sconfinava nell'ordinario del cattivo gusto. I nomi stessi delle strade lì iniziavano spesso con "Chemin" (de la Gradelle,  de la Montagne, des Flombard) appellativo per cui non ho mai trovato una traduzione soddisfacente in italiano. Non "cammino" di certo, non "sentiero" e neanche il generico "via". In quel quartiere al confine con più recenti edifici dormitorio era ancora possibile scoprire angoli di verde con viali ben tracciati e semplici ma bellissime lapidi tombali: il cimitero del quartiere di Chene Bougeries appunto. Li è possibile ammirare una pietra singolare che invece che l'effige del defunto reca l'immagine di un fagiano! Dichiarazione d'amore ad eterna memoria di un animale amato?  o della nobile arte venatoria?


Ma Ginevra è anche stata il centro città con le Rues basses e i grandi magazzini tra cui lo storico Grand Passage, i cui reparti costituivano nei miei anni '60 una meraviglia continua. Soprattutto il reparto libri. Anche se avevo ormai da tempo completatata la raccolta delle avventure di Tintin, un fumetto della grande scuola belga dai tratti nitidi e semplici, dai bellissimi colori netti, la mia curiosità era attratta dai classici, su tutti l’immenso Marcel Proust. Ogni testo critico serviva ad arricchire la mia bibliografia, mi piaceva spaziare dai temi  linguistici, talora un poco noiosi e difficili ai testi più squisitamente biografici fino ad arrivare ai saggi che trattavano aspetti particolari, Proust e la musica, Proust e la pittura... Inter scaffali erano dedicati ai Livres de poche dalle belle copertine  specie quelli più vecchi con immagini che sapevano ancora un pò di rotocalco....


Dalle Rue Basses si saliva, per tornare a casa da mia sorella, per la città vecchia, attorno alla Cattedrale dove trovavo le vetrine dei negozi di libri antichi cui mi avvicinavo con curiosità e reverenza: sugli scaffali introvabili testi su Proust alimentavano la mia voglia di possesso, voglia frenata solo dai prezzi inaccessibili. C'era poi più prosaicamente la Ginevra dei molteplici supermercati. Dall'istituzione nazionale rappresentato dalla Migros alla più signorile Coop, era un susseguirsi infinito di banchi che da noi in Italia non esistevano ancora (erano gli anni '60 e a Torino la piccola, immutabile distribuzione regnava sovrana). Il reparto alimentari era fonte di continue novità inaspettate. Si spaziava dalle cioccolate che nonostante un Franco svizzero forte, erano discretamente convenienti rispetto alle nostre abbastanza limitate disponibilità nazionali. Poi le minestre liofilizzate, i biscotti, le salse e decine di altre offerte.

*
Gli anni sono passati anche per Ginevra. Sono comparsi qua e là sui muri, come nelle nostre città, gli orribili graffiti del disagio giovanile, segni incomprensibili se non visti attraverso l'intenzione dello sfregio di un bene pubblico, di un segnale di esistenze dai limitati orizzonti mentali. E' cambiata e a volte non in meglio anche la fisionomia di interi quartieri, raggiunti da opere faraoniche di viabilità cittadina. Vecchie mura di mattoni abbattute a beneficio del grigio cemento, case solide di fine '800 con le mura in bugnato circondate da polverosi cantieri. Sono forse cambiati soltanto i miei occhi: poco meno di 50 anni hanno cambiato la mia percezione dell'ambiente, quell'uniforme velo di fascino che diffondeva per le vie, sui bei portoni di legno massiccio, sugli acciotolati che portavano ai bastioni incombenti sulla place du Theatre, tutto si è stemperato nel più ordinario degli aspetti del quotidiano dove le persone hanno fretta di ritornare a casa e le automobili si riversano nelle corsie trafficate del Pont du Mont Blanc. Rue du Pré Naville conserva ancora un'aria appartata ai confini del bellissimo parc de la Grange: il balcone della Nina, anziana cugina ginevrina, dove canticchiavo sopvappensiero aspettando solo l'attimo per chiedere di farmi un giretto lungo il lago, è ancora lassù al secondo piano e di certo dell'annoiato quindicenne non ha memoria. Ritorno ogni anno a Ginevra, ripercorro le stesse vie senza mai annoiarmi, sfioro esistenze che mi saranno ignote per sempre, ogni volta guardo con ammirazione i muri delle case del centro città, muri in bugnato, quasi sempre in pietra grigia, studiate per trasmettere la solidità morale di un ceto borgehese ricco, consapevole della propria sicurezza e del proprio benessere. Anche i portoni, gli infissi delle case spesso conservati e mai rinnovati per decenni possiedono quella patina di vetustà che conferisce il fascino delle cose vecchie, immutabili e durevoli. 

domenica 7 ottobre 2012

Memorie di uomini sconosciuti: Edward Johnson, fine '800.

Molto difficilmente riusciremo a scoprire qualcosa in più su Edward Johnson, di quanto è scritto sulla pietra della piccola tomba che fece erigere nel Cimitero della Foce a Sanremo a fine '800, per accogliere prima i due figlioletti poi la moglie Sophia. 
Sul lato destro del parallelepipedo sepolcrale un iscrizione ricorda che il 29 agosto 1866 a Sanremo morì di febbre gastrica (probabilmente una gastroenterite infantile, malattia a quei tempi facilmente mortale) il figlioletto Edward di 2 anni e mezzo, unico figlio rimasto. Pochi giorni prima infatti, il 24 agosto, era morta in Mentone, la sorellina Bessie Isabel di 2 mesi per "convulsioni interne".  Sulla faccia posteriore della tomba infine è ricordata la morte della moglie Sophia, di 27 anni, nel febbraio 1867 per tisi.
Di Edward Johnson sappiamo solo che si fregiava del titolo di Esquire che letteralmente significa Scudiero. In realtà potrebbe trattarsi di un titolo nobiliare in uso nel Regno Unito per indicare genericamente un proprietario terriero. In America invece il titolo di Esquire (anche se non con valore legale) corrisponde alla professione di Avvocato. Nulla si sa dell'ulteriore destino del vedovo. La tomba, di buona fattura e ancora in buone condizioni, aveva nell'ottobre del 2012 un vaso di fiori posto alla sua base.






Cimitero della Foce, Sanremo