sabato 7 luglio 2012

Le indagini del Maresciallo Odasso in Val di Susa Il delitto della cava (prima parte)


2 Giovedì 30 Marzo 1950 LA NUOVA STAMPA Anno VI - N. 78
 
Ancora avvolto nel mistero l'atroce delitto di Bussoleno Non è stata identificata la donna uccisa a colpi di pietra - Il fermo in Francia d'un giovane sospettato del delitto - Chiarito l'equivoco - Il giudice istruttore sul posto - L'autopsia.
 
Sembrava ieri mattina che i carabinieri avessero trovato una traccia che avrebbe potuto portare all'arresto di colui che assassinò la donna sconosciuta nella cava di pietre presso Bussoleno. Ed invece i carabinieri hanno accertato nello stesso pomeriggio di ieri che tale pista era errata. Ed ecco come gli investigatori erano giunti a dare un nuovo indirizzo alle ricerche. Era stato loro segnalato che un individuo dall'aspetto sconvolto, si era presentato nelle prime ore del mattino alla vicina stazione di Borgone per spedire una bicicletta per Bardonocchia. Nulla di strano in questo fatto se il maresciallo Odasso non avesse rilevato due circostanze interessantissime: i connotati dell'uomo e le caratteristiche della bicicletta fornite dall'impiegato della ferrovia sembravano corrispondere a quelle date dal geometra Ercole Prinetti, il quale, poco dopo le 21 di lunedi incontrò, sulla strada che porta alla cava, la donna che la mattina seguente fu trovata morta. La sconosciuta, preceduta di alcuni passi da un uomo, trascinava una bicicletta e reggeva con una mano una piccola valigia. L'uomo era di media statura, sui trentacinque uni, bruno e-cosi accuratamente pettinato, che si sarebbe detto uscito In quell'Istante dalle mani di un parrucchiere. Il maresciallo segnalava la scoperta alla polizia di Bardonecchla: ma ormai troppo tardi. Risultava infatti colà che la bicicletta era stata già ritirata dallo sconosciuto e rispedita per un paese vicino a Grenoble e che l'Individuo aveva varcato la frontiera con il treno delle ore 7,30. Dal canto loro 1 carabinieri della stazione di Susa all'ordine del capitano dottor Ridella e del maresciallo Di Llegro Si recavano Immediatamente prima a Bardonecchla e poi a Modano. Dopo molte ricerche durate tutta la giornata di ieri, l'Individuo è stato fermato a Mobiliano, paese situato a circa 500 km. dalla frontiera francese. Egli è risultato essere tale Andrea Viola, di 20 anni, impiegato in una ditta di Grenoble, giunto pochi giorni prima in Italia per visitare alcuni parenti che abitano a Villarfocchlardo. Il giovane si dimostrava molto sorpreso nel vedersi fermare dai carabinieri. «Io non ho fatto niente a nessuno! sono un onesto operaio! Che cosa volete da me?» continuava a ripetere. L'ufficiale cominciò con l'informarsi sul come egli aveva passato la notte di lunedì e la giornata di martedì. Le risposte del giovane erano sicure e pronte sicché 11 dubbio che potesse essere lui l'assassino cominciava a svanire. Quando poi il capitano gli mosse l'accusa «Tu hai ucciso una donna!» Il giovane rimase dapprima addirittura senza fiato, poi sbottò in una risata. «Ho quante testimonianze a mio favore volete per convincervi che non sono un assassino» esclamò e diede tutte le spiegazioni desiderate che poterono essere controllate quasi subito. Effettivamente aveva spedita una bicicletta, ma era quella di un amico, tale Carlo Montabone di 29 anni, residente pure lui in Francia e pure lui originario di Borgone, il quale lo aveva pregato di fargli tale favore. Svanita questa traccia, apparsa agli investigatori per un curioso cumulo di circostanze concomitanti, il delitto è ripiombato nel più profondo mistero. Tutto è strano in questo crimine, perfino 1l fatto che nessuno mai vide la donna prima della sera del delitto. Eppure a Bussoleno vi si doveva essere recata altre volte perchè tutto lascia supporre che essa trafficasse in merci di contrabbando e che la cava di Calusetto fosse 11 luogo abituale dei convegni con colui o coloro che dovevano poi trasportare tali merci a Torino. Le indagini sono proseguite per tutta la giornata di ieri senza interruzione e vi ha partecipato la Squadra Mobile di Torino che ha fatto eseguire da specialisti rilievi fotografici sul luogo del delitto e dattiloscopici. Questi verranno inviati anche a Roma all'ufficio segnaletico centrale. Se la donna ebbe già a rendere conto alla Giustizia di qualche reato, sia pur lieve, per mezzo delle impronte digitali e delle fotografie sarà senz'altro identificata. L'esame più accurato della cava di pietre ha intanto permesso di fare constatazioni di notevole importanza. Per prima cosa è stato accertato che la donna non fu uccisa vicino al luogo in cui fu ritrovata, ma parecchi metri più distante. Di qui fu trascinata fino alla grotta dove l'assassino pose, nel seppellirla, la massima cura. Infatti stese sul cadavere uno strato di sabbia, poi vi accumulò pietre; quindi vi gettò ancora più volte sabbia e pietre alternativamente. Più tardi la salma veniva scoperta, maggiori, è evidente, erano le probabilità per il criminale di assicurarsi l'impunità. A questo fine egli si preoccupò non soltanto di impossessarsi dei documenti della vittima, ma di cancellare le tracce di sangue. Queste erano abbondantissime e al chiarore lunare il delinquente cercò d'individuarle e vi gettò sopra sabbia. Senonchè non potè, data la debole visibilità e lo stato di orgasmo in cui doveva trovarsi, scorgere tutte le chiazze. Se queste pertanto sono molte e cosi ampie è arguibile che l'assassino doveva essere addirittura inzuppato del sangue della vittima. Non soltanto, infatti, doveva essere schizzato sui suoi abiti mentre tempestava il capo della disgraziata con una grossa pietra (ritrovata) ma doveva essere, pure colato sulle maniche della giacca mentre trascinava il cadavere verso la grotta. Si deve dedurre che consumato il crimine egli abbia preso la via dei campi e poi, lnforcata la bicicletta, si sia diretto a casa, probabilmente a Torino. In paese non deve essere passato perchè, con gli abiti cosi ridotti, non sarebbe transitato inosservato. L'autopsia del cadavere effettuata Ieri pomeriggio dalle ore 14 alle 16 nella cappella del cimitero di Bussoleno dal prof. Tovo alla presenza del sostituto Procuratore della Repubblica dott. Bianco ha dato questi risultati. La donna ha per lo meno cinquant’anni, è alta un metro e 55, è di costituzione esile e deve aver avuto un figlio. Celava un incipiente canizie con tintura nera. Sulle sue labbra vi erano ancora tracce di rossetto. Secondo la autopsia risulterebbe inoltre che la morte è stata causata dallo sfondamento dei parietali provocato da numerosi colpi inferti con un sasso. Dall'esame del visceri infine è risultato che la disgraziata aveva cenato regolarmente. Sull'ora del decesso il perito ritiene che debba farsi risalire a circa 16 ore prima. Ultimata l'autopsia il magistrato ha dato il nulla osta perchè la salma venga sepolta nello stesso cimitero di Bussoleno.

Mercoledì 29 Giovedì 30 Marzo 1950 NUOVA STAMPA SERA Anno IV Num. 74
 
LA DONNA UCCISA A BUSSOLENO VITTIMA DI UN TRAFFICO DI STUPEFACENTI
 
A Bussoleno, Susa, in tutta la Valle perdura viva l'impressione per la scoperta del cadavere di una donna massacrata a colpi di pietra e nascosta in una buca nei pressi di Calusetto. Il maresciallo Odasso della stazione dei carabinieri di Bussoleno ha continuato le indagini tanto per l'identificazione della vittima quanto per giungere ad una precisa ricostruzione dell'accaduto ed alla scoperta dell'assassino. Raccogliendo diverse deposizioni egli ha potuto intanto stabilire alcuni elementi molto importanti per la soluzione del mistero. Anzitutto i connotati e altre caratteristiche dell'uccisa: è una donna tra i quaranta e i quarantacinque anni, alta circa un metro e cinquantadue, capelli castano scuri con qualche ciocca grigia, molti denti finti. Porta all'anulare sinistro la fede di matrimonio e indossa, sotto un paltò verde a mezza vita, un giacchettino rosa e un foulard rosso a pallini bianchi. Ha scarpe di città, in camoscio colore marrone chiaro.

Saluto senza risposta
La donna venne vista per la prima volta in paese soltanto poche ore prima della sua morte. Una bimba di dieci anni, Maria Rosa Favro, tornando da scuola verso le 18 di lunedì, la notò lungo la strada che conduce alla cava. La sconosciuta spingeva con una mano la bicicletta e teneva nell'altra una valigia. Poca dopo la bimba, che abita ad un centinaio di metri dalla cava, la rivide nei pressi seduta su una grossa pietra come aspettasse qualcuno. E che attendesse una persona è confermato dai suoi successivi movimenti, quali risultano da altre deposizioni. Infatti, dopo aver atteso invano per qualche tempo, la donna scese in paese abbandonando alla cava la bicicletta e la valigia. La persona che essa attendeva forse doveva giungere con il treno delle ore 19 proveniente da Torino. Questo sarebbe provato dal particolare che la donna fu notata verso le 20,30 al Caffè Alpi nelle vicinanze dello scalo ferroviario. La vide il geometra Mario Suppo e la sua deposizione è confermata da un ferroviere rimasto colpito dall'aspetto equivoco della sconosciuta e dal suo andirivieni. Quello che attrasse l'attenzione del ferroviere fu non soltanto il non averla mai vista prima e il suo modo di vestire alquanto vistoso se pure tutt’altro che elegante, ma anche il suo atteggiamento guardingo e il fatto di essere uscita un paio di volte dal caffè per scrutare intorno certamente nella speranza di vedere colui che attendeva. Alle 21 giunse il treno da Bardonecchia, e un altro geometra, Ercole Prinetti di Calusetto, notò un individuo, a lui sconosciuto, con i capelli lisci bruni, senza berretto nè pastrano, che si incamminava lungo la strada per la cava. Il Prinetti, incrociandolo, gli rivolse un saluto, come è consuetudine in queste montagne, ma non ottenne risposta. Ritenne per questo trattarsi di un forestiero e s'avvide che a una diecina di passi di distanza l'uomo era seguito da una donna: la stessa notata dalla bimba presso la cava e dagli altri testimoni allo scalo ferroviario. A un certo punto l'uomo si fermò, accese una sigaretta e attese la donna che lo raggiunse subito. Uno scambio fra i due di frasi un poco concitate, delle quali peraltro non riuscì ad afferrare il senso, permise al Prinetti di notare che la donna parlava con un accento veneto.

Le spoglie depredate
A questo punto, mancando ulteriori testimonianze, entriamo nel terreno delle ipotesi. Ed ecco come possono essere ricostruiti i fatti secondo il maresciallo Odasso. La donna era evidentemente pratica dei luoghi: le sue mosse ne danno conferma. Alla cava non sarebbe giunta per la strada principale che si tiene a fondo valle, bensì seguendo una via secondaria a mezza costa che partendo dalla frontiera passa per Novalesa, Mompantero, Foresto e Calusetto e piega poi su Bussoleno. Non è da escludere che la donna fosse implicata in qualche faccenda di contrabbando e questo spiegherebbe l'itinerario seguito per giungere alla cava e la sua presenza in quei luoghi. Qui probabilmente avrebbe dovuto ricevere la sua parte di compenso anche per precedenti operazioni. Forse il suo complice non volle o non potè darle la somma pattuita e, minacciato dalla donna di una denuncia, decise di sopprimerla. Il resto è più facile da immaginare. L'uomo afferra la vittima, nasce una colluttazione e la sua robusta corporatura ha la meglio. La donna viene stordita con un colpo alla testa per impedire che possa gridare. Poi l'uomo, afferrata un grossa pietra del peso di almeno tre chili, le schiaccia la testa. Subito dopo, freddamente, si preoccupa di occultare in qualche modo il cadavere e soprattutto di rendere impossibile l'identificazione. Preleva infatti ogni documento ed oggetto, ma dimentica la fede matrimoniale, e si allontana con la borsa e la valigia della vittima, servendosi della bicicletta. E subito scompare probabilmente verso Torino.
Esistenza dì un complice
Mentre il capitano dei carabinieri di Susa, coadiuvato dal maresciallo Odasso, continua le indagini sul posto per l'identificazione della vittima, le ricerche proseguono anche a Torino per la scoperta dell'assassino. Secondo informazioni non ufficiali i carabinieri avrebbero già identificato la donna. Questa infatti, una venditrice ambulante, era già stata notata diverse volte a Bussoleno dal maresciallo Odasso il quale, insospettito da certi suoi atteggiamenti, aveva chiesto informazioni al Sindacato Venditori Ambulanti di Torino. Il Sindacato che suddivide i suoi iscritti a seconda delle zone e delle vallate, confermava che la donna risultava iscritta e che esercitava il commercio ambulante nella Valle di Susa. L’ipotesi che si tratti di un delitto consumato da trafficanti in stupefacenti e generi di contrabbando può ricevere conferma dalle precedenti indagini condotte dallo stesso maresciallo di Bussoleno sui clandestini che agivano da tempo netta zona. Tanto più che si ha ragione di sospettare che una donna fungesse da collegamento tra gli importatori delle droghe dalla Francia e gii spacciatori a Torino. Tutto questo potrebbe servire a completare la ricostruzione del delitto così come è stata fatta dal maresciallo Odasso. La donna, approfittando della fiera del lunedì per passare inosservata, si sarebbe recata, come altre volte, a Bussoleno e, sulla strada di Novalesa, sarebbe andata incontro ai contrabbandieri. Sarebbe quindi ritornata alla cava per incontrarsi con un complice che, per derubarla o per altro motivo, l'avrebbe uccisa. Abbiamo parlato di un complice perchè i testimoni parlano di un solo individuo. Ma non è da escludere che questi non fosse solo e il suo compagno si tenesse nascosto nelle vicinanze pronto ad intervenire.

Post Scriptum: 

Post Scriptum: 
Il 24 dicembre 1974 in una sottoscrizione di Specchio dei Tempi fu donata una somma a memoria del Maresciallo Domenico Odasso......

Il 24 giugno 1975 la moglie di Domenico Odasso donava, sempre alla memoria, una somma in solidarietà di carabinieri uccisi in una sparatoria ad Acqui

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