sabato 22 agosto 2020

Lenin: un cadavere al servizio di una causa

 


Le foto che ritraggono Nadezhda Krupskaja  la vedova di Lenin trasmettono l’impressione di una volontà ferrea e grande determinatezza. Fino alla fine dei suoi giorni ricoprì importanti cariche, fu infatti membro del Comitato centrale del partito  e membro del presidium del Soviet Supremo.  Donna di solida cultura con una chiara visione politica di quello che soprattutto nel campo della scuola e dell’educazione andava fatto, era un punto di riferimento per il marito che le sottoponeva sempre i suoi scritti. Tutto questo non servì ad evitare che dopo la morte di Lenin si avviasse quel processo di venerazione/culto della salma voluto da Stalin. Troppo importante era infatti l’opportunità di sfruttare il cadavere del padre della rivoluzione in un sistema di acquisizione costante di consensi. Vana fu la lettera inviata da Nadezhda  al Politburo in cui si esprimeva la preghiera di non vedere il marito diventare oggetto di un culto della personalità. Se voi volete onorare la sua memoria - disse testualmente - costruite degli asili nido, dei giardini d'infanzia, edificate case, biblioteche, policlinici, ospedali, ricoveri per invalidi e così via, e soprattutto mettete in pratica i suoi insegnamenti". Anche Trotzky sottolineò come fosse inopportuno e molto poco “atteggiamento rivoluzionario” sostituire le reliquie dei santi della chiesa ortodossa con altre reliquie. Ma Stalin aveva bisogno di miti cui aggrapparsi non da ultimo per il consolidamento della sua posizione personale. In breve fu trovata la soluzione della conservazione del cadavere che doveva rispondere ad alcuni presupposti inderogabili: la salma doveva conservare un aspetto presentabile il colorito del viso soprattutto doveva risultare come quello di una persona in vita,  incarnato roseo e espressione serena. Così erano soddisfatte le aspettative dei milioni di visitatori del mausoleo. Fu un coraggioso un anatomo-patologo dell' università di Kharkov, il professore Vladimir Vorobiov ad azzeccare il giusto "balsamo" in grado di procurare l’eternità ai poveri resti terreni di Lenin. Il leader fu immerso in un bagno di formaldeide per un paio di settimane, per uccidere germi e batteri, impedendo così il progredire della decomposizione mentre con una soluzione di glicerolo si provvide ad ammorbidire la pelle. Si pensò quindi ad attenuare il rigor mortis, che avrebbe reso difficile il collocamento di Lenin all’interno della teca. Vladimir non era uno stinco di santo, di lui si scoprirono negli anni molte piccanti propensioni ai peccati della carne, ma gli va riconosciuto il coraggio di aver rischiato la carriera e forse anche la vita nell’esecuzione di questa impresa (Stalin non era particolarmente tenero verso chi falliva compiti da lui assegnati). La spietata logica della ragion di stato trovò giustificazione nel successo di questa operazione che oggi definiremmo mediatica. Milioni di persone da ogni angolo della sterminato territorio russo si riversarono a Mosca per far visita all’eccellente salma. Gradualmente il mausoleo si arricchì di strutture e apparati di laboratorio in grado di monitorare la salma e addirittura di provvedere ad accogliere, negli anni, altri illustri cadaveri necessitanti di garanzie di eternità. Nel trentennio ‘50-’70 arrivò a dar lavoro a più di 200 persone. Con la fine del comunismo, il laboratorio sembrava destinato a scomparire per mancanza di fondi tanto più che i finanziamenti statali si erano ridotti al 20 per cento. Il sindaco di Mosca ha però avuto la brillante idea di fornire i servizi di imbalsamazione/conservazione a potenti famiglie mafiose che desiderano mantenere viva la memoria dei cari defunti sborsando cifre di tutto rispetto. Con la relativa liberalizzazione di parola all’interno del grande ex impero sovietico sono sorte proposte di tutti i generi non ultima quella di trasformare la teca con il suo contenuto in una esposizione itinerante in giro per tutto il pianeta naturalmente a pagamento….

 


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