lunedì 2 gennaio 2012

Punti vista. La misteriosa morte del tenente Caprilli

Inverno 1907. Mancano pochi giorni a Natale. In una Torino imbiancata per la prima volta dalla neve dell'anno, il destino è in agguato per il tenente Fedrico Caprilli, abilissimo cavaliere, che nel montare un pacifico morello cade e muore in circostanze poco chiare. Circostanza narrate da un solo testimone.
Tre anni prima era morto, suicida, Emanuele Caccherano di Bricherasio suo intimo amico. Anche in questo caso le ragioni del gesto non erano state chiarite completamente. Di certo queste due morti singolari e a breve distanza l'una dall'altra contribuirono a creare un alone tragico e mai abbastanza approfondito sulle vicende che di li a pochi anni avrebbero dato inizio allo sviluppo della FIAT di cui il senatore Agnelli al pari del Bricherasio era stato socio fondatore l'11 luglio 1899.
Giorgio Caponetti, nel suo romanzo "Quando l'automobile sconfisse la cavalleria" ricostruisce la storia di una grande amicizia e la nascita di una grande realtà industriale. In questo scenario storico si inserisce il drammatico sviluppo di due vite spezzate prematuramente in un modo che ha tutti gli ingredienti per essere definito un mistero giallo 

Al centro Emanuele di Bricherasio e nel cerchio Giovanni Agnelli senior nel celebre quadro di Delleani

Da La Stampa del 6 dicembre 1907
Lo scenario cittadino
La prima neve. Dopo un seguito di incertezze, diremmo quasi di. esitazioni, il tempo si è finalmente deciso ad inaugurare ufficialmente l'inverno con una prima nevicata. Svegliandosi questa mattina i torinesi si sono visti gravare sul capo un cielo plumbeo e minaccioso, seguito poi da una pioggerella fine e penetrante. Ma verso le 9, all'acqua successero alcuni fiocchi di neve, radi dapprima, più compatti di poi. Mezz'ora dopo la nevicata era completa, ed  ha continuato ininterrottamente. I tetti sono già coperti da un primo strato di bianchi flocchi e le strade sono già convertite in uno sgradevole pantano.

La notizia in breve
Il Capitano Caprilli ieri, alle 17,20. montando a cavallo sul corso Duca di Genova, cadde essendo al piccolo trotto, contrariamente a quello che alcuni giornali hanno pubblicalo stamaneL’ipotesi più probabile è che sia stato colto da improvviso malessere; questa ipotesi è avvalorata dal fatto che, senza che il cavallo facesse il minimo scarto od altra difesa, fu visto il capitano barcollare e cadere pesantemente a terra, battendo il capo. Egli riportò la frattura della base del cranio con contusione e spappolamento cerebrale. Le condizioni, gravi sino a stamane alle 5, andarono rapidamente peggiorando, ed alle oro 8,40 è morto.

Resoconto dell'accaduto
La morte del capitano Caprilli in seguito ad una caduta da cavallo.

La notizia produrrà certamente una vivissima, profonda impressione: il capitano Federico Caprilli è morto questa mattina nella casa ospitale ed amica dei fratelli Gallina, i proprietari della Scuderia che è in via Montevecchio. Dell'incidente che al povero ufficiale era toccato si era saputo qualcosa ieri sera vagamente. Si diceva che provando un cavallo al salto degli ostacoli, l'animale aveva fatto un brusco scarto, cadendo di quarto e trascinando il cavaliere. Chi ebbe la prima nuova del fatto, assicurava trattarsi di cosa non grave e fu facilmente creduto, poi che il capitano Caprilli era sopratutto noto per la sua robustezza e agilità. Cento volte aveva veduto il pericolo vicino e cento volte l'aveva sfidato e vinto. Purtroppo la giornata di ieri doveva essergli fatale! Montando un cavano, relativamente tranquillo, sopra una strada piana, il capitano Caprilli ha trovato la morte.



Un colloquio con un testimone della disgrazia

Siamo stati allo scuderie Gallina, in piazza d'Armi, dove, nell'alloggio superiore dei fratelli Gallina, era stato trasportato il povero capitano dopo il fatale incidente e dove ora riposa la sua salma. Alla porta di strada, semichiusa, erano ferme vetture padronali, automobili, cittadine; nel vestibolo e su per le scale si incontravano gruppi silenziosi di gentiluomini e di ufficiali che salivano, scendevano. Nell'anticamera dell'alloggio era un bisbigliare, un parlare sommesso o commosso. Quivi trovammo il signor Gallina che ieri sera, dalla soglia di casa sua, era stato testimonio della disgrazia, e cortesemente, a nostra richiesta, ci narrò ciò che vide. Ancora adesso e per me è un fatto assolutamente incomprensibile e non so darmene pace! Si figuri il più abile dei maestri di equitazione sul più pacifico, sul più tranquillo dei cavalli, e si immagini, se le è possibile, anche lontanamente, non dico prevedere, ma pur immaginare un accidente. E’ assolutamente da escludersi che il capitano sia stato vittima di una improvvisa bizzarria della bestia? - Assolutamente. Del resto, nessuno meglio di me lo può dire, che ho assistito, con questi occhi, alla disgrazia, a meno di cinquanta metri di distanza. — Allora è solo da ammettersi che il capitano sia stato colto da un improvviso malore?  Io ne sono convinto. Ma ecco come seguirono le cose. Poco prima delle 17 il capitano venne allo scuderie, e si mostrava di ottimo umore, in perfetta salute. Anche nella giornata, ho saputo, nulla aveva dato a vedere che provasse qualche malessere, e non aveva accusata alcuna indisposizione; aveva pranzato al Cambio con alcuni colleghi, con buon appetito, fra discorsi gioviali ed allegre risate. Venne qui, si discorse di varie cose, vide parecchi cavalli, e dimostrò il desiderio di provarne uno. E' questo un cavallo morello, un animale d'indole buonissima, un vero cavallo da passeggiata. Ed appunto una semplice passeggiata intendeva di fare il capitano. Balzò adunque in sella, diede di sprone, ed usci fuori dal cortiletto, pel cancello. Fermo sulla soglia, io lo guardavo andare. Aveva fatto un tratto appena di via Morosini, ed era sul punto di svoltare in via Montevecchio, per recarsi in piazza d'Armi. Il cavallo procedeva al piccolo trotto, un passo, si potrebbe dire, appena accelerato, la più pacifica, insomma, la più regolare delle andature. Ad un tratto gettai un grido. Improvvisamente vidi il capitano barcollare sulla sella, poi precipitare colla testa all'ingiù. Il cavallo si era fermato, tranquillo, poco discosto. Li per li non seppi che cosa immaginare. Data l'andatura del cavallo, però, nemmeno per un momento mi fermai a considerare che il capitano potesse essere stato balzato di sella! Ci sarebbe occorso ben altro per balzare di sella lui! Evidentemente, il capitano Caprilli era stato preso da qualche malore, qualche capogiro, chissà! Forse non si trattava di nulla. Chiamai gente e corremmo a vedere. Il capitano giaceva su un margine della via, e pareva esanime. Lo chiamammo per nome: non ci rispose. Lo sollevammo: si lasciava cadere inerte. Il suo volto era cereo, già fatto cadaverico. — Era ferito? — Si, dietro alla nuca, aveva una tremenda frattura. Però, appena un filo di sangue gli rigava i capelli ed il collo. Lo sollevammo a braccia e lo portammo qui. Nell'urto della caduta, anche, il povero capitano doveva aver riportato una violenta commozione viscerale, perchè ebbe a rigettare. Si mandarono a cercare i medici, ma poi non ha più ripreso conoscenza! Un collega del capitano, un giovane ufficiale di cavalleria, pure ci confermò che la disgrazia era seguita perchè il Caprilli era stato colto da malore. “Se fosse stato altrimenti, — ci disse l'ufficiale, — il capitano, cadendo, avrebbe inevitabilmente, istintivamente messe innanzi le mani per pararsi. Invece non fu così. Il capitano, quando cadde, colla testa in avanti, doveva aver già perduta ogni conoscenza. Le sue mani, quando egli venne risollevato, non erano menomamente imbrattate di terra.

I.'agonia

Dall'ospedale Mauriziano giunse quasi subito il dottor Gallina: il povero capitano non aveva ancora ripreso i sensi. Il medico procedette ad una minuta visita e constatò che, nella caduta, l'ufficiale aveva battuto con grande violenza il capo, riportando la frattura complicata della base cranica con conseguente spappolamento della materia cerebrale. Che raccapriccio! Non c'era nulla da fare : la scienza nulla poteva tentare Si procedette ad una fasciatura, ma si sapeva che sarebbe stata inutile. Per tutta la notte, Caprilli fu vegliato pietosamente affettuosamente: gli amici suoi, angosciati assistettero cosi alla sua lenta, dolorosa agonia. Non si riebbe più, neppure per un istante. Al mattino si aggravò maggiormente: la fine si avvicinava. Il prof. Carle, avvertito, si recò egli pure alla casa dei signori Gallina per visitare l'infelicissimo capitano, ma dopo uno sguardo, l'espertissimo chirurgo scosse il capo sconsolatamente. “Non c'è più speranza alcuna”. Era la sentenza. Nella stanza passò come un brivido di freddo. Il prof. Carle non si ingannava. Il ferito cominciò a rantolare ed alle 8,40 spirò, con un gemito. Non soffriva più.

La salma
Il corpo inanimato di Federico Caprili fu composto sul letto e ricoperto d'un lenzuolo. La bocca gli si era contorta nell'ultimo spasimo e la pietà degli intimi gli fasciò allora il viso con una benda bianca, un poco stretta. Presso il capezzale furono deposti rami di rose, che lo sfiorarono in una suprema, blanda carezza. Li accanto si accese una lampada. Poi gli amici, i conoscenti furono ammessi a visitare la salma. Il mesto, doloroso pellegrinaggio durò ininterrotto per ore od ore. Giunsero fra i primi, diversi ufficiali di cavalleria, il marchese Ferrero-Ventimiglia, il conte Rignon, il barone di Sant'Agabio e molti, molti altri gentiluomini dell'aristocrazia. Oggi, in una stanza a terreno nella casa dei signori Gallina, sarà preparata la camera ardente e la salma del capitano vi sarà deposta, vestita dell'alta uniforme.


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