domenica 22 aprile 2012

Via Livorno a Torino

Nei pressi della Spina 3 sull'area delle Ferriere Piemontesi demolite nel 2005 i lavori di arredo urbano procedono lentamente ma lasciano già intravedere una nuova e piacevole prospettiva della città.



E poi c'è via Livorno...


com'era

Nella foto, in basso a destra, c'è il Baraccotto. Citiamo da MuseoTorino:

Il chiosco di via Livorno angolo corso Mortara sorge a inizio Novecento “accanto alla demolenda cinta daziaria” come struttura provvisoria per la somministrazione di cibi e bevande; situato accanto al ponte sulla Dora di via Livorno, in posizione centrale rispetto alle grandi fabbriche che si sviluppano sull’area nel corso del XX secolo, rimane attivo fino ai primi anni 2000, benché sempre come struttura precaria, superando indenne diverse ordinanze di demolizione. Il baraccotto, contraddistinto dalle caratteristiche facciate in assi di legno, costituisce per decenni uno spazio di ritrovo e di aggregazione per i lavoratori delle fabbriche circostanti; qui, tra i turni di lavoro, si beve il “grigioverde”, tradizionale e ormai desueto mix di grappa e sciroppo alla menta; soprattutto, qui si incontrano i militanti e i sindacalisti, e si leggono l’«Avanti» e l’«Unità». Punto di incontro, discussione e partecipazione, il baraccotto costituisce un luogo di riferimento per i movimenti operai, che in questo territorio vivono una storia particolarmente intensa. Da qui partono i cortei di contestazione operaia in difesa dei diritti sindacali e salariali e si organizza, durante il secondo conflitto mondiale, la resistenza contro l’occupazione nazi-fascista, nell’ambito della quale le Ferriere giocano un ruolo di primo piano a livello cittadino. Il chiosco sopravvive per qualche anno alla dismissione degli stabilimenti industriali: fino al 2000 si trova traccia dei rinnovi della concessione precaria. Rimasto in stato di abbandono dopo la chiusura dell’attività, parzialmente crollato nell’agosto 2007, è stato smantellato due anni dopo per lasciare spazio all’innesto di una delle due estremità del nuovo ponte sulla Dora tra via Orvieto e via Livorno.

Il luogo conserva ancora tutti i segni di una realtà industriale ormai non più visibile. L'atmosfera che aleggia sui grandi blocchi di cemento che ancora a tratti coprono la Dora è quella ricordata da Messori:

Della mia ultima visita a Torino ho il ricordo indelebile di un giro in via Livorno; mi rammaricai molto di essere andato a vedere che fine avesse fatto quel pezzo di città. Ho vissuto parte della mia infanzia e adolescenza in via Sobrero, traversa che da corso Regina Margherita corre in salita verso via San Donato. Dalla sommità, guardando oltre corso Umbria, si spalancava proprio via Livorno, con la sua selva di ciminiere che eruttavano giorno e notte un fumo rossastro. Camminare per via Livorno era al contempo fascinoso e inquietante: Torino come città da piano quinquennale sovietico o da  Manchester dell’Ottocento, non si incontrava nessuno, non c’erano abitazioni, i marciapiedi, sui quali le suole lasciavano l’impronta nella polvere rossa delle ciminiere, costeggiavano lunghi muri oltre i quali si trovavano le gigantesche ferriere della Fiat e i grandi impianti della Michelin. Da dietro quelle grigie muraglie giungevano non voci umane ma rumori inquietanti, fischi meccanici, colpi di sirena e, soprattutto, il rumore continuo dello sferragliare di treni merci.



La copertura della Dora per permettere l'ampliamento delle strutture della FIAT Ferriere Piemontesi avvenne con blocchi di cemento che potevano sopportare un peso di 15 tonnellate per metro quadrato.

Le sorprese sono ad ogni passo, come quella di cogliere in un angolo, lontanissima, la basilica di Superga,


un tempo oscurata dai grandi capannoni

foto Filippo Gallino 2010 © Città d Torino

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